Baffi, ovvero la prova di una frattura. Le tensioni tra Civici, Iv e Pd

Baffi (Italia Viva) presidente della commissione regionale Covid. La mossa della maggioranza era scontata, meno banali i movimenti dentro l'opposizione

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Pinocchio a cura di Fabio Massa
Pinocchio a cura di Fabio Massa

E’ successo questo, ieri in consiglio regionale: una cosa già vista e pure prevista. Nella sua realizzazione e nelle sue conseguenze. C’era da decidere chi avrebbe guidato la commissione di inchiesta regionale sull’emergenza Covid. La presidenza è andata a Patrizia Baffi consigliera regionale di Italia Viva. La Baffi aveva detto e scritto e votato contro la mozione di sfiducia a Giulio Gallera e al suo staff proposta dal Partito Democratico. Già allora, si vociferava che avrebbe guidato la commissione. Il Pd, ovviamente è insorto. I democratici sapevano benissimo che sarebbe finita così. Così come sapevano che la mozione di sfiducia a Gallera sarebbe stata bocciata e che questo avrebbe ricompattato la maggioranza. Sono meccanismi politici normali e comprensibili, non roba da finezze andreottiane. Dunque, questo livello è assolutamente privo di qualunque tipo di complessità. Scontato, diciamo. Sorprende che le motivazioni della Baffi non siano state comprese. Di fronte ai vertici del suo partito, tra cui senatori, coordinatori, lo stesso Renzi che – ha spiegato al Corriere – gli avrebbe detto di lasciare, lei ha detto che invece rimane alla guida della commissione. A voler essere romantici, si potrebbe credere al fatto che è di Codogno, lavora in una Rsa, che ha tutto l’interesse a fare bene. Ma visto che il cinismo è la cifra della politica, semplicemente la Baffi non ha pensato né al Pd, né a Italia Viva e neppure a Gallera e Fontana. Semplicemente ha pensato che il posto di presidente di commissione sia senza dubbio quello più importante e rilevante politicamente per i prossimi tre anni. E che sedercisi sopra garantisce una libertà di manovra senza pari. Che, insomma, vale di più la presidenza di quella commissione che tutto il resto, e segnatamente il suo stesso partito. E’ un ragionamento comprensibile. Fin qui, quello che sta sulla superficie. Poi c’è qualcosa che si agita un po’ più sotto. Basta guardare gli altri nomi, come quello della vicepresidente Elisabetta Strada. “Nonostante abbiamo assistito ad una brutta pagina politica – hanno spiegato Elisabetta Strada, Franco D’Alfonso e Marco Fumagalli – noi Civici abbiamo deciso di non abdicare al nostro ruolo al servizio dei cittadini, esponendoci in prima persona.” Cercando una via mediana, ma che comunque sottolinea le divisioni nel centrosinistra. Sostenendo dapprima Scandella del Pd, ma supportando “anche la candidatura di Usuelli di +Europa”. Le opposizioni, insomma, si dividono. Gallera e Fontana, con la gestione politica del leghista Anelli, ne hanno approfittato. E non è l’unico punto di frattura. E’ una spaccatura carsica, che corre sotto la superficie, che si innerva sulle scelte nel consiglio comunale di Milano, nelle nomine (o non nomine) delle partecipate da parte di Sala, che precipita verso le prossime elezioni regionali in giro per l’Italia e amministrative del capoluogo l’anno prossimo. Al di là delle ambizioni personali, è l’unico dato politico che emerge dal consiglio regionale di ieri: c’è qualcosa di rotto che l’opposizione dovrebbe aggiustare.

fabio.massa@affaritaliani.it

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