Coronavirus: la burocrazia romana fa danni, le Regioni ci mettono una pezza

Coronavirus, fino a che si parla di autocertificazioni si può sorridere. Ma il caos della gara Consip per i ventilatori è drammatico

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Pinocchio a cura di Fabio Massa
Pinocchio a cura di Fabio Massa

Oggi sul Fatto Quotidiano c’è un articolo illuminante. E’ la riunione tenuta dal capo della protezione civile Arcuri con i rappresentanti di tre Regione. Il primo è l’assessore al Bilancio della Lombardia, Davide Caparini. Il secondo, il presidente della Puglia, Michele Emiliano e per terza Donatella Tesei, governatrice dell’Umbria. Ora, nell’articolo si scrive senza mezzi termini che della riunione di cui andremo a raccontare esistono degli audio. Quindi, di opinabile c’è poco. In questa riunione tutti e tre gli esponenti, tra i quali c’è anche un esponente del Partito Democratico, ovvero Emiliano, si lamentano che il materiale ordinato da Consip non arriva. E lo stesso Arcuri rivela che Consip è un baraccone inservibile. Che cos’è Consip? La centrale acquisti dello Stato. Vedete, mentre i più fortunati di noi sono chiusi in casa e i più sfortunati sono morti accatastati nelle province di Bergamo e Brescia, c’è una cosa che non decede mai. Che è la burocrazia. Finché è una questione di autocertificazione, diciamo che siamo nel campo del ridicolo. Chissenefrega, no? Non moriremo per aver compilato un modulo in più, o diverso dal precedente. Ma quando la burocrazia, come nell’articolo che cito, equivale a meno respiratori, meno mascherine, meno camici, perché lo Stato non è capace di comprarli, allora è un problema. Alla fine la soluzione di Arcuri è quella solita. Dice a Caparini: comprane un po’ anche per noi. Comprane un po’ anche per noi, capito? In pratica, quella che la Lombardia e le Regioni tutte fanno da sempre. Ci pensano al posto di Roma.

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