Il Coronavirus non rende alla sanità privata. Al fronte solo quella pubblica

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Quando c’è un’emergenza sanitaria la sanità pubblica è in prima linea, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. E nonostante i tagli. E la sanità privata? Quella del “modello Lombardia”, quella “convenzionata”, del “diritto di scelta” del paziente, quella foraggiata anche dal denaro pubblico? L’attività in alcuni casi è almeno parzialmente sospesa, in altri prevede alcune modifiche nelle modalità di prenotazione ed effettuazione delle visite specialistiche. C’è chi comunica ai “pazienti che riportino sintomi simili all’influenza (febbre, tosse, problemi alle vie respiratorie) di disdire o spostare la loro visita”. Insomma, state alla larga. Per tutti l’invito è a “ridurre al minimo i contatti” e, se possibile, di recarsi senza accompagnatori. C’è chi, convenzionato con il servizio sanitario nazionale, ha chiuso i centri di prelievo del sangue, riversando così i propri pazienti sulle strutture pubbliche. Chi è privato non convenzionato con il pubblico non è chiamato a dare alcun contributo all’emergenza o non è strutturato per questo. Tutte aperte e funzionanti invece le strutture pubbliche.  “Nessun reparto” degli ospedali “di Regione Lombardia sta chiudendo, tutti operano. Dove ci sono persone ricoverate che risultano positive si fanno i tamponi anche agli operatori sanitari ma non c’è nessun tipo di interruzione dell’attività sanitaria”: lo ha chiarito l’assessore al Welfare Giulio Gallera. Sei hai un sospetto di coronavirus chiama il 112. Non serve nemmeno la carta di credito.

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