E’ il “futuro” la parola chiave del Discorso alla Città dell’arcivescovo Mario Delpini, pronunciato in Sant’Ambrogio. “Una parola che mi sembra più necessaria di altre”, afferma Delpini che introducendo i temi del Discorso domanda: “C’è una parola da insegnare in questa città così sapiente, così studiosa, così audace nei suoi pensieri? C’è una parola da pronunciare che sia una proposta discreta, rispettosa, ma che intende anche segnalare pericoli, proporre correttivi, incoraggiare confronti, attestare possibili alternative e incoraggiare chi le pratica, in un contesto così fiero, fino a essere suscettibile? C’è una parola che sia invito al pensare in percorsi pazienti e approfonditi e non sbrigativamente censurato? C’è una parola che resista agli slogan che mortificano la cultura e inducono a tradurre il confronto in polemica e le differenze di sensibilità in contrapposizioni? Mi arrischio a proporre questa parola, che mi sembra necessaria, con la consapevolezza del disagio che può provocare. Formulo la speranza senza pretese – aggiunge – che questa parola possa essere raccolta, che i rappresentanti delle istituzioni possano farne oggetto di riflessione e di confronto, che i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà possano ritrovarsi a immaginare percorsi per dissipare ambiguità ed esercitare la responsabilità che a ciascuno compete. Mi arrischio a proporre questa parola come un augurio, come un esclamativo, come una sfida: benvenuto, futuro!” Dalla parola “futuro” Delpini fa discendere quindi i temi al centro del Discorso: i bambini, i giovani, la famiglia, il lavoro, la società plurale, la cura per la ‘casa comune’ che diventano i ‘capitoli’ del suo appello alla città per il 7 dicembre.
Parlando del ‘futuro’ l’arcivescovo Mario Delpini ha ricordato anche la strage di Piazza Fontana. “Una data che ha segnato in modo indelebile la vita dei milanesi. Il prossimo 12 dicembre ricorre il 50° anniversario della strage di piazza Fontana. Quella strage provocò 17 morti e almeno 88 feriti e seminò sconforto e paura non solo tra i milanesi, ma in tutto il Paese, per il clima che si creò a partire da quell’evento”, ha detto.”Eppure è proprio la memoria di quell’evento a incoraggiarmi a proporre questo augurio, come sensato e profetico”, ha aggiunto con riferimento all’esortazione verso il “il futuro”. “Se siamo qui questa sera, se possiamo commemorare con la giusta commozione e il cordoglio la strage del 12 dicembre 1969 è perché ci furono persone che, anche in un momento così difficile, non si arresero ai diktat della paura e della lotta, alla logica del terrorismo. Impegnarono le loro energie migliori per costruire un futuro promettente per loro e per tutti”. Delpini ha poi ricordato che “sottolinea molto bene questo concetto il cardinale Giovanni Colombo, nell’omelia dei funerali per le vittime della strage, tenutisi il 15 dicembre in Duomo”. “Quella celebrazione – ha affermato l’arcivescovo seppe interpretare quel momento tragico dando voce alla speranza di pace e di vita, dopo lo shock e il trauma della violenza e della morte. In piazza Duomo, non solo dentro la Cattedrale, si confermava la forza di Milano, la sua volontà di futuro”. “E il nostro Paese – ha concluso Delpini – ha vinto nei decenni la sfida con impegno coraggioso. È questo il coraggio che respiro ogni volta che attraverso la piazza davanti alla curia, richiamandomi ogni volta quanto sia costato e quanto costi vivere aperti al futuro”.