Fino al 50% in meno nella produzione delle prime varietà di miele, dall’acacia al tarassaco. È quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti Lombardia sugli effetti del maltempo nelle campagne. Le bizze del meteo – spiega la Coldiretti –, con violente precipitazioni e sbalzi termici improvvisi, stanno mandando in tilt le api costrette a lavorare a singhiozzo. “Una situazione – dichiara Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – che rischia di compromettere in partenza il lavoro di circa cinquemila apicoltori, tra professionisti e hobbisti, che operano nella nostra regione con oltre 140 mila alveari e una popolazione stimata di più di 4 miliardi di api”. “Quest’anno – racconta Esterina Mariotti, apicoltrice di Pescarolo ed Uniti (Cremona) e presidente dell’Associazione produttori apistici cremonesi – l’acacia è sbocciata bene, ma i fiori sono stati strappati dai violenti acquazzoni che si sono succeduti. Il risultato è che le apiproducono a rilento e rispetto alle annate normali stimiamo un calo del 50% per questa tipologia di miele. Dimezzata anche la produzione di quello di tarassaco. Non ci resta che sperare nei mieli dei prossimi mesi: il millefiori e il tiglio”. “In media – conferma Edoardo Mombelli di Quinzano d’Oglio (Brescia), che insieme alla moglie Ilenia gestisce 250 alveari – da ogni sciame si ottengono fra i 27 e i 30 chili di miele di acacia, mentre quest’anno siamo tra i 12 e i 15 chili”.
Nelle valli bergamasche la stagione deve ancora entrare nel vivo: “Visti i continui sbalzi di temperatura – racconta Gaia Stucchi di Brembilla (Bergamo) – stiamo monitorando la situazione, anche perché da noi la fioritura della robinia è partita soltanto pochi giorni fa. Praticamente, l’attività delle api deve ancora iniziare. Speriamo che finalmente si stabilizzi il bel tempo”. “Quest’anno – dice Mario Bergamini, di San Benedetto Po in provincia di Mantova – a causa del maltempo abbiamo perso già 12 arnie. Le api continuano a lavorare a intermittenza, rischiamo di ripetere un’annata magra come quella del 2017”.
Preoccupati anche gli apicoltori del Milanese. “Gli sbalzi di temperatura – dichiara Marco Mascheroni di Melzo – ci stanno creando parecchi problemi: il freddo, il caldo, poi di nuovo basse temperature e pioggia. In questi giorni siamo arrivati addirittura 9 gradi. Speriamo che il tempo si aggiusti e che le cose possano migliorare”. “Per l’acacia è un disastro – gli fa eco Mauro Veca, apicoltore di Milano città – Le basse temperature hanno compromesso la prima fioritura, e in alcune zone la grandine ci ha messo il carico da novanta. Teniamo duro”. Situazione analoga nel Lodigiano: “La produzione di miele di acacia si è all’incirca dimezzata – spiega Marco Curti di Maleo – E per il tarassaco le cose non sono andate molto meglio. Speriamo di rifarci con tiglio e millefiori estivo”.
Cali produttivi anche a Lecco: “Temiamo che per la nostra zona – spiega Fabio Villa di Casatenovo – sarà un’annata con risultati medio bassi. Finora sono uscite dagli alveari solo le api più resistenti e di sicuro ci sarà un calo nelle produzioni, ma ora è presto per fare bilanci”. Sulle colline tra Como e Varese, invece, si registrano anche episodi più gravi. “La perdita arriva almeno al 70% – dichiara Sara Ranghetti diBeregazzo con Figliaro (Como) – e non c’è possibilità di recupero perché la produzione di acacia nelle nostre zone è di fatto conclusa”.
La primavera instabile – spiega la Coldiretti Lombardia – sta stressando le api che sono costrette a lavorare con continue interruzioni e in maniera non uniforme. La loro difficoltà è un indicatore dei cambiamenti climatici in atto che sconvolgono la natura e si manifestano con una più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi e intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,2 milioni gli alveari curati da 45.000 apicoltori tra hobbisti e professionali con un valore stimato in più di 2 miliardi di euro per l’attività di impollinazione alle coltivazioni.