Morti sul lavoro, Cisl: 44 casi in Lombardia

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Salute e sicurezza sul lavoro, occorre tenere alta la guarda e rendere più incisivi gli interventi. E’ quanto afferma la Cisl Lombardia, a fronte degli ultimi dati Asl elaborati dal suo dipartimento Salute e sicurezza. Nel 2015, infatti, gli infortuni mortali in Lombardia sono stati 44, in leggerissimo calo (-4.4%) rispetto all’anno precedente (erano 46). La riduzione risulta più consistente guardando agli ultimi cinque anni: – 24% rispetto al 2011 (58 casi). “Occorre tenere alta la guardia, mettere in campo tutti gli strumenti di prevenzione e contrasto, investendo sulla sicurezza, soprattutto in questa fase in cui si cominciano a registrare i primi segnali di ripresa economica – afferma Paola Gilardoni, segretario regionale Cisl Lombardia con delega alla Salute e sicurezza -. Gli investimenti in tema di sicurezza sul lavoro devono coinvolgere anche i giovani, partendo dalla scuola per favorire l’affermarsi di una cultura della prevenzione”. “Bisogna dedicare risorse anche alla promozione del benessere delle persone nei luoghi di lavoro – aggiunge – avere una visione di prospettiva a fronte del progressivo invecchiamento dei lavoratori”. Dall’analisi dell’età anagrafica delle vittime di infortuni, infatti, emerge che in 16 casi (sui 44 totali) avevano più di 61 anni di età, di cui 5 con oltre 71 anni. A guardare i dati territoriali, la maglia nera tocca all’area Asl di Brescia, con 12 casi di infortunio mortale (contro i 4 dello scorso anno), soprattutto nei settori dell’agricoltura (6 eventi) e dell’edilizia (4 eventi). Seguono a distanza la Vallecamonica Sebino e Bergamo, entrambe con 5 casi contro i 2 del 2014. Quindi viene Milano con 4 casi (contro 1 del 2014). Quanto al rapporto di lavoro dei singoli infortunati, in 11 casi sono stati coinvolti titolari d’impresa (con o senza dipendenti), soci (anche di cooperative) e pensionati e altre forme di rapporto di lavoro, mentre in 15 le vittime erano lavoratori a tempo indeterminato. Tra le cause dell’evento, al primo posto la caduta dall’alto (13 casi). “Un dato che ci deve far riflettere – sottolinea Gilardoni – sulla necessità di potenziare l’informazione, la formazione e l’addestramento di tutti coloro che svolgono attività con la presenza di questo sostanziale pericolo”.

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