Uova contaminate, dall’Olanda 610mila kg in 5 mesi

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In Italia sono arrivati 610mila chili di uova in guscio di gallina dai Paesi Bassi nei primi cinque mesi del 2017 ai quali si aggiungono pero’ anche 648mila chili di derivati come uova sgusciate e tuorli freschi, essiccati, congelati o diversamente conservati mentre non sono quantificabili gli alimenti venduti come paste e dolci realizzati con le uova a rischio. E’ quanto emerge da una analisi aggiornata della Coldiretti sulla base dei dati Istat in riferimento al piano di campionamenti su uova, ovoprodotti e carni di pollame per la ricerca di fipronil annunciato dal ministero della Salute dopo che la Commissione Europea ha rilevato che l’Italia figura tra i 15 Paesi ad aver ricevuto uova dalle aziende coinvolte nello scandalo delle uova contaminate con l’insetticida fipronil. La situazione – sottolinea la Coldiretti – è resa piu’ complessa dalle triangolazioni commerciali come dimostra il sequestro da parte delle autorità sanitarie italiane di alcuni prodotti provenienti da un’azienda francese che aveva usato le uova di uno degli allevamenti olandesi coinvolti nell’uso del fipronil. Di fronte alle emergenze sanitarie che si rincorrono la Coldiretti chiede di togliere il segreto sulla destinazione finale di tutti i prodotti alimentari importati rendendo finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero. Con gli italiani che consumano in media circa 215 uova a testa all’anno, di cui 140 tal quali mentre le restanti sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari, è importante – sottolinea la Coldiretti – fare chiarezza e garantire la qualità e sicurezza di quelle presenti sul mercato nazionale. Grazie alla produzione nazionale di 12,9 miliardi di pezzi l’Italia – continua la Coldiretti – sarebbe praticamente autosufficiente per il consumo di uova. Sulle uova in guscio l’indicazione di origine è presente, ma è necessario – spiega la Coldiretti – migliorarne la visibilità, non sono più sufficienti quattro codici e una data sul guscio, bisogna scrivere chiaramente, anche sulle confezioni e sui cartoni, da dove arrivano e rendere riconoscibile ogni possibile informazione ai consumatori. Sul guscio delle uova di gallina – conclude la Coldiretti – c’è un codice che con il primo numero consente di risalire al tipo di allevamento (0 per biologico, 1 all’aperto, 2 a terra, 3 nelle gabbie), la seconda sigla indica lo Stato in cui è stato deposto (es. IT), seguono le indicazioni relative al codice ISTAT del Comune, alla sigla della Provincia e, infine il codice distintivo dell’allevatore. A queste informazioni si aggiungono – conclude la Coldiretti – quelle relative alle differenti categorie (A e B a seconda che siano per il consumo umano o per quello industriale) per indicare il livello qualitativo e di freschezza e le diverse classificazioni in base al peso (XL, L, M, S).

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