C’era una volta un Paese ipocrita. L’Italia è un Paese ipocrita, come solo sa esserlo un Paese imbevuto della filosofia gesuitica con la deriva sinistroide elitaria che ha avvelenato gli anni ’70. A completare la polpetta avvelenata, il populismo scemo degli ultimi anni, che ha distrutto anche parte di quella piccola cultura dell’onore e del rispetto di cui parlavo ieri per proiettare la realtà in una narrazione continua. Abbiamo un ministro stupido, che nessuno difende più: Giuliano Poletti è sicuramente il peggior gaffeur degli ultimi anni. Ma sulla storia del calcetto ha ragione. Chi pensa che il curriculum serva a qualcosa? Effettivamente le selezioni si fanno al calcetto, o in birreria, o perché papà ha fatto la telefonata. E’ per questo che un tempo esistevano le corporazioni: non perché fossero il miglior sistema, giacché anche un asino capisce che se il padre è un buon avvocato non è detto lo sia il figlio. Ma perché è il sistema più semplice. Non sto difendendo le corporazioni, beninteso. Però se alla frase sul calcetto Poletti avesse messo a fianco anche una soluzione a quella rappresentazione della realtà, forse sarebbe stato meglio. Ipocrisia della politica: anche le ultime nomine di Renzi, stanno tutte a un tiro di calcetto dalla sua Rignano. Questo non fa altro che alimentare il populismo imbecille che porta a bloccare le ambulanze al grido di “onestà”. Una imbecillità, quella dell’onestà, tutta italiana. Imbecillità asina e ignorante, giacché arriva da gente che ignora le norme. Imbecillità ipocrita, giacché se fosse stata un’auto di malviventi a imboccare lo svincolo in contromano, i due cretini non avrebbero di certo improvvisato il posto di blocco. Siamo passati dalla ricerca del piacere e dall’ostentazione della ricchezza dell’epoca di Berlusconi al moralismo perbenista e rottamatore della sinistra, e infine all’imbecillità populista. E il declino non sembra arrestarsi. Anche se personalmente non ho la fantasia di capire quale sarà il prossimo gradino verso il basso.