Nel 2015 in Italia sono stati venduti 115.079.713 di voucher, circa 114 milioni in più rispetto al 2008. L’Inps segnala che l’età media dei lavoratori pagati a buoni lavoro è di 35 anni. Il lavoro accessorio quindi riguarda in primo luogo i giovani, ma non solo loro.
Il maggior numero di voucher a livello nazionale è stato venduto in Lombardia. Nel 2015 erano 20.936.179, nel 2016 sono diventati 26.958.383 milioni. La maggior parte è concentrata a Milano, Brescia, Bergamo, Varese.
“C’è chi dice che alcune attività, come i lavori domestici o agricoli, possano essere pagate coi buoni. Peccato che nella nostra regione solo il 2% dei quasi 27 milioni di voucher venga utilizzato per questo tipo di lavori. A dirlo è Daniele Gazzoli, segretario della Cgil Lombardia. Oggi i voucher sono usati soprattutto in settori che hanno una copertura contrattuale, come il commercio, il turismo, i servizi. Significa che i datori di lavoro sostituiscono il lavoro contrattualizzato con quello precario pur di abbattere il costo del lavoro. Oggi gli unici limiti posti ai voucher sono di tipo economico – sottolinea Gazzoli -, per il resto il loro utilizzo è libero. In Lombardia esistono casi eclatanti di grandi aziende in cui il 90% dei dipendenti è pagato coi buoni. Queste persone non hanno diritto non solo ad un salario dignitoso, ma anche a tutte le altre misure di tutela, tra cui la formazione sulla sicurezza e salute sul posto di lavoro. C’è poi un ulteriore dato critico. Accanto ai settori lavorativi già citati, l’Inps segnala più di 13 milioni di voucher venduti in Lombardia per “attività non classificate”. L’Inps non comunica chi siano i grandi utilizzatori. Quali imprese distribuiscono la metà dei voucher venduti nella regione? Sappiamo che stanno nel manifatturiero, nell’edilizia. E quanti nella Pubblica Amministrazione? Come viene gestito, in queste realtà, il lavoro accessorio? La Cgil vuole cancellare il sistema voucher e il loro utilizzo distorto – dice ancora Gazzoli -. Vogliamo riscrivere la norma del jobs act sulla base di quanto proposto negli articoli 80 e 81 della proposta di legge di iniziativa popolare Carta dei diritti universali del lavoro. Vogliamo che il lavoro accessorio sia riconducibile ad un contratto. Vogliamo ridare alle persone una speranza di cambiamento. La Carta dei diritti dice che tutti devono avere un lavoro, e il lavoro dev’essere dignitoso nelle sue condizioni economiche e normative. A chi dice ‘meglio i voucher che niente’ rispondiamo: meglio un contratto come si deve. Per questo la Cgil ha raccolto quattro milioni di firme e oggi invita a votare sì ai due referendum su voucher e appalti; e per questo chiediamo con forza al Parlamento di approvare la Carta dei diritti e al governo di fissare la data dei referendum. Vogliamo ristabilire le giuste condizioni di lavoro per tutti”.