Di Fabio Massa
Parliamo dello stipendio dei manager pubblici, il cui tetto è fissato a 240mila euro. Perché la PA, per una norma decisamente antica, ha un vertice: il primo presidente di Cassazione, il cui stipendio fissa quello di tutti gli altri. Appunto, 240mila euro. Ora, da qui in poi, il mio discorso si farà assolutamente non condivisibile da molti, e in particolare da tutti quelli che pensano che i politici e i manager rubino. Premessa di metodo e di merito: per chi sottrae un euro alla pubblica amministrazione, o che viene pagato malgrado risultati penosi, bisognerebbe che la pena (nel primo caso giudiziaria, nel secondo di carriera) fosse draconiana, durissima. Detto questo, come funziona in Italia è uno scandalo. Fare il presidente della Repubblica italiana è un lavoro pari a quello di un dirigente neppure apicale, neppure medio-alto, ma semplicemente medio, di una banca? Fare il presidente del Consiglio, impegnato o impegnata h24 sette giorni su sette è come fare l’imprenditore di una azienda non di grandi dimensioni, ma solo medie, che vada benino? Fare il ministro dell’Economia è come fare il superconsulente informatico? E amministrare una grande società che realizza grandi opere per il pubblico comporta lo stesso livello di lavoro del proprietario di una impresa edile con 50 dipendenti? La verità è che il limite di 240mila euro di tetto poteva avere un senso quindici anni fa, ma adesso è un insulto: chi sceglierà di mettersi a lavorare nella pubblica amministrazione sapendo che ha rischi più importanti (per esempio, di beccarsi una qualche indagine, cosa che accade sempre), e che il suo ruolo è soggetto alle variazioni della politica, che sono rapide e repentine, piuttosto che andare nel privato che offre più sicurezze, più soldi e meno grane giudiziarie? Alla fine nella pubblica amministrazione ci andranno a finire solo i brocchi, quelli che non sono capaci, o i raccomandati, e si avrà avuto l’effetto opposto. Ora mi immagino già chi sta leggendo o ascoltando questo commendo in radio dire: “Eh, ma 240mila euro sono un sacco di soldi, io ne prendo solo 35mila l’anno”. Sì, il punto è sempre lo stesso: per quei 35mila l’anno quali responsabilità hai? Quante persone dipendono dal tuo operato? Che impatto hai sull’economia dei tuoi territori? Pensi davvero che il tuo lavoro sia complesso come quello dell’amministratore delegato di un’azienda pubblica che deve realizzare una autostrada? O di quello di un direttore sanitario di un ospedale con 300 medici? O di quello del presidente del consiglio della Repubblica Italiana? O di quello del Presidente della Repubblica Italiana? Perché loro, tutti quanti, oggi prendono 240mila euro l’anno (nel caso dei ministri cumulano l’indennità con la nomina a parlamentare per un totale sempre di circa 240mila euro l’anno). Eppure se passa un rigurgito di grillismo in consiglio dei ministri nei prossimi giorni potrebbe essere che dall’anno prossimo ne prendano 160mila. Il che li porrebbe tutti quanti sul livello del tuo capufficio. E tu lo sai, vero, che il tuo capufficio non può fare il presidente del consiglio? Così come non lo puoi fare tu, e neppure io?