In Italia la privacy non esiste ma esistono un sacco di protocolli e scartoffie sulla privacy

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Di Fabio Massa

Ora tutti si accorgono che la privacy è solo una roba che nessuno legge e clicca per entrare nei siti dei giornali. Ma che non ha alcun significato, salvo rompere le palle agli editori. Perché intanto si scopre che un funzionario della Giustizia faceva centinaia di migliaia di dossieraggi su chiunque, e alcuni dei quali sono pure finiti sul Domani. Lo stesso giornale che oggi squaderna lo scoop – il che è quantomeno ironico – su un bancario che ha avuto accesso a decine di conti correnti dei politici. E’ stato licenziato, ma intanto si è curiosato i fatti privati della seconda carica dello Stato, della presidente del consiglio, di sua sorella eccetera eccetera. Non è una novità, e non è un boom di oggi. Uscì anni fa un libro bellissimo con un titolo evocativo “la Repubblica del Ricatto”. Raccontava di molte cose, ma come ho detto il titolo è perfetto. In Italia il dossier è qualcosa che tutti hanno perché le informazioni sono volutamente permeabili. Vi ricordate quando, una notte, tutte le dichiarazioni dei redditi di tutti i cittadini italiani finirono online? Trasparenza, trasparenza. E poi i fatti di tutti andarono in archivi con migliaia di voci, una per ogni contribuente italiano. Pazzie. E adesso ci chiedono di cliccare sulla privacy e compilare scartoffie, di fare certificazioni, di nominare responsabili per la tutela dei dati personali. Fanno multe a destra e a sinistra se manca una firma e poi c’è gente che ti fa la radiografia al conto corrente. Ridicoli. L’Italia non è solo la repubblica del ricatto, ma anche dei pagliacci.

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