Di Fabio Massa
Io non lo so, francamente, se Toti sia innocente o colpevole. E non mi interessa neanche: paghiamo, e dunque pago pure io, con le mie tasse, giudici che me lo diranno in primo, secondo e nel caso terzo grado. Mi limito a valutare quelle che sono le strategie mediatiche che stanno dietro le indagini di Genova. Indagini nelle quali, è bene dirlo, ancora una volta sono stati violati tutti i diritti degli indagati (non solo di Toti). Ordinanze complete che giravano qui e là, via whatsapp. Tutti lo sanno e tutti sanno chi ha dato quelle carte. In barba a ogni tipo di riforma, che a questo punto si può dire tranquillamente inutile. A questa violazione evidente, come ogni santa volta che c’è un’inchiesta con un politico coinvolto, si è opposta una volta tanto una novità: la memoria difensiva di Toti, ancor prima dell’interrogatorio, è stata diffusa online. Come? Beh, vien da pensare che i giornalisti l’abbiano avuta dagli avvocati, considerato che loro ce l’avevano in mano. Non siamo sicuri, ovviamente, così come non siamo sicuri che l’ordinanza arrivi dai magistrati, ma insomma non aggiungo altro… Assistiamo quindi a una tattica che si potrebbe definire a brigante, brigante e mezzo. Tu mi metti alla berlina sui giornali? Io reagisco sui giornali. Un ulteriore passo – che pure comprendo – verso la barbarie. Un tentativo di difesa che non fa che peggiorare la situazione complessiva di una giustizia che in Italia usa il sistema mediatico per emettere sentenze prima che vengano pronunciate, e a questo punto per anticipare arringhe prima che vengano declamate in aula, dove dovrebbero esserlo.