Ilaria Salis, il padre: “Lasciati soli dal governo, vedremo ancora catene”

"E' andata molto peggio di quanto ci aspettassimo. Abbiamo chiesto i domiciliari in Italia o in alternativa in ambasciata in Ungheria e entrambe ci sono state negate". Queste le parole di Roberto Salis, il padre della 39 enne milanese in carcere in Ungheria, dopo l'incontro con Tajani e Nordio.

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“E’ andata molto peggio di quanto ci aspettassimo, non vediamo nessuna azione che possa alleviare la situazione di mia figlia. Siamo stati lasciati soli. Abbiamo chiesto due cose, i domiciliari in Italia o in alternativa in ambasciata in Ungheria e entrambe ci sono state negate. Credo che mia figlia resterà ancora per molto tempo in carcere e la vedremo ancora in catene ai processi”. Lo dice Roberto Salis, il padre della 39enne antifascista in carcere in Ungheria, all’uscita del ministero della Giustizia dopo gli incontri con i ministri degli Esteri e della Giustizia Antonio Tajani e Carlo Nordio.

Presidio a Monza lunedì pomeriggio per la liberazione di Ilaria Salis – foto Radio Lombardia

“Lo Stato italiano non intende fare nulla, dipende tutto dal giudice ungherese e ritiene di non voler fornire dei documenti che avevamo chiesto per agevolare il lavoro dei nostri avvocati, perché dicono che sarebbe irrituale e che possa creare dei precedenti. Sulla nota che avrebbe fornito garanzie sull’applicazione delle misure per i domiciliari in Italia, ritengono che dallo Stato italiano sarebbe mostrata come una excusatio non petita” aggiunge Roberto Salis. “Dovremo cercare noi di fare qualcosa – ha aggiunto – Ora ci sarà carcere a oltranza fino a quando il giudice ungherese avrà finito il processo o ci sarà un’altra situazione. Ma in quel carcere lì si può anche morire”. Tajani e Nordio hanno ricevuto separatamente il padre di Ilaria Salis accompagnato dall’avvocato Lasco. I ministri hanno evidenziato che i principi di sovranità giurisdizionale di uno Stato impediscono ogni interferenza nella conduzione del processo e nel mutamento dello status libertatis dell’indagato. I ministri hanno rappresentato le ragioni di diritto e di fatto per cui la richiesta di sostituzione della misura cautelare presso l’ambasciata italiana non è possibile. In particolare Nordio ha rilevato che un’interlocuzione epistolare tra un dicastero italiano e l’organo giurisdizionale straniero sarebbe irrituale e irricevibile.

 

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