Non ci saranno più bidelle

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Di Fabio Massa

Nella mia carriera di giornalista non sono mai stato uno che picchiava piano. Le ho date con particolare gusto a tutti quelli che ritenevo ipocriti. Generalmente, a dirla tutta, politici. E poi famosi vari, cattivi maestri, eccetera. Purtroppo, e faccio mea culpa, ho deciso di darle anche a chi, approfittandosi di questo o quel social, diventava temporaneamente famoso. L’ultimo caso è quello della bidella. Sì. L’ho pestata. Sì, ho criticato la giornalista che ha reso celebre il caso. Oggi, con il caso Lucarelli, mi sono ritrovato a pensare che forse non avrei dovuto. E che se quella ragazza, la bidella,  si fosse suicidata oggi io sarei dallo psichiatra, chiuso in casa a piangere, pieno di rimorsi. Ieri, mi sembrava di avere ragione: un caso è un caso e una notizia è una notizia. C’è chi si fa bello, diventa notizia, e allora cerco di capire se è vera o se è ipocrisia, e lo smaschero. Oggi mi sembra lampante l’inverso: quella non è una notizia, ma una persona. Una persona che non sa come funziona il mio mondo, quello dell’informazione, che ti esalta e poi ti dimentica, o ti attacca, o ti distrugge dopo averti santificato. Non ha la pelle spessa, come noi. Non conosce le dinamiche, non sa quanto possa essere dolce un microfono o quanto essere dolorosa una telecamera che ti inquadra. Dunque, quando dovrò pestare, criticare, polemizzare, mi ripropongo d’ora in poi di farlo solo con quelli che hanno la mia classe di peso, che sappiano come funziona un ring. Che possano incassare un diretto, o un gancio. Non mi occuperò di chi non si può difendere anche quando magari han raccontato una bugia, una falsità, solo per farsi bello, come quelli che al bar raccontano di aver salvato un bambino 20 anni prima mentre stava affogando e invece non sanno manco nuotare. Ecco, quelli – anche se colpevoli – li lascerò stare.

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