Non solo vulcani e terremoti italiani, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) applica le sue complesse tecniche di monitoraggio all’intero pianeta. Così facendo, l’Istituto riesce a rilevare qualunque esplosione nucleare sulla Terra. “È da circa trent’anni che ci occupiamo attivamente di non proliferazione e disarmo nucleare utilizzando le tecniche geofisiche”, afferma Massimo Chiappini, dirigente dell’INGV – sezione Roma2, “il nostro Istituto è parte integrante di un sistema di controllo globale che permette di riconoscere eventi come quelli nordcoreani”. C’è una legge dello Stato che assegna all’INGV il ruolo di consulenza tecnica per il Ministero Affari Esteri nell’ambito di una moratoria che proibisce l’esecuzione di test atomici. “Abbiamo realizzato una complessa infrastruttura di controllo all’avanguardia mondiale”, prosegue Massimo Chiappini, “che opera in stretto contatto con la Farnesina e che scambia dati con le varie reti mondiali di monitoraggio”.
L’ordigno nucleare impiegato nel test nordcoreano alle 00:30 (UTC) del 9 settembre scorso, è stato fatto esplodere sotto terra in una zona montagnosa a una profondità di varie centinaia di metri. Il terremoto prodotto dall’esplosione è stato registrato anche dalla rete sismica dell’INGV e analizzato dagli esperti. La localizzazione indica che la sorgente si trova nello stesso poligono nucleare nordcoreano nel quale si è verificata l’ultima esplosione dello scorso 6 gennaio. Come nel passato, il nucleo operativo dell’INGV per la sicurezza internazionale è incaricato dall’Autorità Nazionale di caratterizzare l’evento da un punto di vista multidisciplinare. Al momento non vi sono tracce di radioattività intorno ai confini nazionali. La situazione è seguita costantemente.