La borghesia milanese e la sfida di rimanere protagonista

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Di Fabio Massa

C’è qualcosa che è cambiato, a Milano. Un calo di energia, e anche di efficienza nelle interrelazioni tra il sistema economico e il settore pubblico. Mi spiego. Milano è sempre stata la terra della borghesia illuminata, degli industriali che sapevano fare i soldi reinvestendone una parte nel territorio. Non molti lo sanno, ma buona parte dei servizi assistenziali agli orfani, e una enorme parte del servizio sanitario ben prima che esistesse il SSN venivano erogati grazie a quella borghesia illuminata che pensava che la città avesse un merito da ricompensare per averle permesso di arricchirsi. Il settore pubblico, che ad esempio nel servizio sanitario del sette-ottocento era di fatto in buona misura la Chiesa, non solo accettava l’aiuto della borghesia ma lasciava alla borghesia la gestione di intere parti dei servizi di assistenza pubblici. E la borghesia, da parte sua, ci mette

va soldi, risorse e tempo. Oggi pare che tutto questo si sia scollato. Quando Beppe Sala chiede alla città dove sia finita questa borghesia ha ragione. Si è perso uno spirito di difesa degli interessi cittadini. Se invece di lamentarsi lamentarsi la borghesia insieme riprendesse le redini della società civile, diminuendo il peso dei fondi immobiliari, degli speculatori e di chi in fondo a Milano è solo un passante, sarebbe cosa buona è giusta.

PS. Che una borghesia di questo tipo esiste ci sono le prove. Le valanghe di soldi raccolti dall’Ospedale in Fiera e la bellissima iniziativa di Forestami ne sono due fulgidi esempi.

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