Consumi culturali in generale ripresa, ma ancora sotto al livello pre-pandemico

Presentati i risultati del decimo report dell’Osservatorio longitudinale sui consumi culturali degli Italiani di Impresa Cultura Italia-Confcommercio.

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Diminuiscono i consumatori, ma aumenta la spesa media dei consumatori abituali di prodotti culturali. Si ritorna dal vivo agli spettacoli e si rafforza la percezione del ruolo attrattivo delle iniziative culturali per il territorio. Si stabilizza la scelta tra digitale e carta per libri, quotidiani e riviste. Questi i principali risultati che emergono dal decimo report dell’Osservatorio longitudinale sui consumi culturali degli Italiani di Impresa Cultura Italia-Confcommercio, in collaborazione con Swg, presentato oggi a Milano presso la Fondazione Rovati e riferito al mese di dicembre 2022.

A livello di consumi, il 2022 si è caratterizzato soprattutto per gli effetti generati dall’aumento consistente dell’inflazione, che hanno tenuto in allarme la popolazione per gran parte dell’anno e hanno portato le famiglie a ridisegnare la spese familiari. Questo processo di ricomposizione della spesa ha generato cambiamenti rilevanti nel quadro delle priorità di allocazione delle risorse e il comparto dei consumi culturali è uno di quelli che ha subito una maggiore riduzione delle spese. La percezione generale è di aver ridotto la spesa in quasi tutti i settori e per più di un intervistato su tre anche i consumi culturali sono stati tagliati.

Nello specifico, per quanto riguarda i consumi culturali, il 14% del campione afferma di non spendere denaro, mentre, tra chi spende denaro, il 39% dichiara di avere ridotto la spesa, a fronte di un 17% che l’ha aumentata o in virtù del rialzo dei prezzi o per una specifica scelta di aumento di questo tipo di consumi. Rispetto allo scorso anno è in calo la proiezione dei consumi futuri, con l’eccezione di riviste, quotidiani e concerti.

La scelta di ridurre le spese in consumi culturali non è però uniforme all’interno della popolazione, ma colpisce maggiormente le classi sociali con un capitale economico e culturale più basso che avevano già livelli di spesa più modesti.

Circa il 10% degli intervistati mostra un incremento netto dei consumi rispetto al passato. Ne deriva quindi un effetto di generalizzata riduzione del numero di consumatori a fronte di un aumento della spesa media, sia per fattori inflattivi (per cui si spende di più per acquistare lo stesso bene/servizio rispetto al passato), che per un effettivo incremento dei consumi della quota di popolazione interessata a questo tipo di beni. Ad esempio, rispetto al 2021 si registra una crescita della spesa per assistere a concerti dal vivo (+28,1 euro), partecipare a festival culturali (+9,7 euro) o visitare mostre e musei (+8,7 euro).

Se i primi sei mesi dell’anno hanno visto un progressivo aumento del numero di famiglie in difficoltà nel mantenere il proprio stile di vita e di consumo, da novembre il trend è cambiato con una significativa crescita della quota di famiglie che hanno finalmente trovato un nuovo equilibrio tra entrate e uscite e che, in prospettiva, si aspettano per i prossimi mesi di tornare ad avere un bilancio famigliare in attivo.

L’indice di sintesi dell’andamento dei consumi culturali degli italiani conferma per il 2022 la ripresa, mostrando però dinamiche molto diverse in relazione ai diversi consumi specifici. Per esempio, la fruizione di programmi, film e telefilm in tv da canali a pagamento è aumentata del 10% rispetto al 2019. La proiezione dei consumi futuri rispetto all’anno scorso è in calo, con l’eccezione di riviste/fumetti e quotidiani (18%, in variazione +1%) e i concerti dal vivo (dato stabile al 14%). Il risultato è che l’indice generale rimane ancora al di sotto del dato 2019, mentre alcuni degli indici specifici hanno ampiamente superato il dato 2019. Al netto dei valori dell’indice, i dati sulla percezione delle spese sostenute e di quelle per i prossimi mesi evidenziano un andamento ambivalente, da un lato si riduce il numero di consumatori, dall’altra aumenta la spesa media di chi continua ad acquistare beni e servizi culturali.

La riduzione del numero di consumatori appare più accentuata per i servizi in abbonamento, a eccezione che per le piattaforme tv e cinema a pagamento che registrano un aumento di +13%, e più contenuta per altri servizi come abbonamenti a cinema e teatro, rispettivamente -3% e -1%.

Rispetto a settembre 2022, la percezione dell’andamento dei prezzi nei prossimi mesi permane molto negativa, per quanto però migliorata: la percentuale di intervistati che credono in un aumento dei prezzi per i consumi culturali scende dal 76 al 68%. Le prospettive sul primo trimestre 2023 sono in linea con quelle registrate per il mese di dicembre 2022, anche se la spesa media percepita nel mese di dicembre 2022 appare più bassa (66,2 euro).

 Il dato della rilevazione di dicembre 2022 conferma, inoltre, una serie di tendenze in atto, che vedono un progressivo allontanamento dalla fruizione digitale degli spettacoli dal vivo a favore della partecipazione in presenza e una stabilizzazione dei rapporti tra consumi digitali e fisici per quanto riguarda la lettura di libri, quotidiani e riviste.

Mentre cresce l’utilizzo delle piattaforme web in abbonamento e in streaming (+3% rispetto a dicembre 2021), spinta soprattutto dalle generazioni più giovani (under 34 per il 44%), restano stabili rispetto a un anno fa le quote di lettori, sia in cartaceo (ancora ampiamente prevalente con 53%) che in digitale. La fruizione dei quotidiani resta legata in maggioranza all’utilizzo delle edizioni web gratuite (56%).

foto Andreas Glöckner da Pixabay

Per quanto riguarda il teatro, a fronte della sostanziale stabilità del dato sulla fruizione dal vivo (35%), continua la riduzione della fruizione teatrale via TV (-7% rispetto a dicembre 2021). Lo stesso accade per opera, balletti e concerti di musica classica in televisione (-7% rispetto allo stesso mese del 2021). Riprende la partecipazione a concerti di musica leggera dal vivo (+7%) e al contempo si stabilizza la loro fruizione in streaming. Anche per gli eventi culturali, si conferma la decrescita della fruizione a distanza (in un anno -6%). Rispetto al 2021, aumenta la quota di chi vuole assistere dal vivo agli spettacoli, in particolare per il teatro di prosa (+9%).

Quanto alle modalità con cui si ritiene debba essere sostenuta la cultura, resta pressoché stabile la scala delle priorità, che vede ai primi posti l’erogazione di bonus (41%) e di iniziative di detraibilità fiscale (37%).

 Infine, ne esce rafforzata la percezione del ruolo che le iniziative culturali giocano all’interno delle città, sia come occasioni di socialità che come volano commerciale e attrattore turistico.

La percezione dell’offerta culturale delle città è infatti generalmente positiva, solo due intervistati su cinque giudicano negativamente l’offerta culturale invernale della propria città. Tuttavia, essa risente di differenze territoriali importanti: il 64% dei più soddisfatti risiede nei centri con più di 100.000 abitanti e il 48% nel Nord Italia. Più soddisfatti poi sono i soggetti che generalmente hanno una maggior spesa in consumi culturali. Rispetto alla rilevazione di settembre, si accentua ulteriormente la percezione positiva del ruolo delle iniziative culturali per la vita e l’economia delle città e si conferma la loro rilevanza come attrattori turistici. Cresce inoltre la quota di intervistati che ritiene giusto che l’offerta culturale sia finanziata con denaro pubblico (+5% da settembre a dicembre 2022).

«I dati che emergono dal nostro osservatorio sono caratterizzati da molte luci e qualche ombra, e si possono sintetizzare così: aumenta la spesa ma diminuiscono i consumatori. Emerge una divaricazione sociale, si spende di più in cultura se si ha maggiore disponibilità economica. Questo fenomeno necessita di correttivi che devono necessariamente andare in due direzioni: una grande azione di formazione, in particolare delle giovani generazioni, che aiuti a comprendere meglio il valore della cultura e un sostegno economico che, a nostro parere, può estrinsecarsi in uno strumento su cui tutti, a parole, si dicono d’accordo: la detraibilità dei consumi culturali» così Carlo Fontana, Presidente di Impresa Cultura Italia – Confcommercio, commenta i dati dell’Osservatorio elaborati da SWG

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