Caso camici, il Gup, nessun inganno sulle forniture

Sono state rese note le motivazioni della sentenza con cui il Gup di Milano Chiara Valori ha prosciolto "perché il fatto non sussiste", il governatore lombardo Attilio Fontana, il cognato Andrea Dini e altri tre dall'accusa di frode in pubbliche forniture.

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Sono state rese note le motivazioni della sentenza con cui il Gup di Milano Chiara Valori ha prosciolto “perché il fatto non sussiste”, il governatore lombardo Attilio Fontana, il cognato Andrea Dini e altri tre dall’accusa di frode in pubbliche forniture per il cosiddetto ‘caso camici’. La “trasformazione” da fornitura a donazione “si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata” e non ci fu dunque alcun “inganno”, scrive il gup Valori in oltre 30 pagine di motivazioni.
Il giudice, prosciogliendo tutti e 5 gli imputati con il “non luogo a procedere”, ha deciso che non era necessario un processo nemmeno per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, difesi dal legale Domenico Aiello, e per Pier Attilio Superti, vicesegretario generale della Regione, assistito dall’avvocato Pietro Gabriele Roveda.
“Pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale”, che contestava la Procura di Milano perché, quando quella fornitura dell’aprile 2020 affidata a Dama, società di Dini (di cui la moglie del presidente lombardo deteneva il 10%), da 75mila camici e altri 7mila dpi per 513mila euro, si era trasformata in donazione non erano stati consegnati 25mila camici. E’ “del tutto sfornita di riscontro – si legge – la tesi secondo cui la fornitura sia stata” dall’inizio “‘vestita’ da donazione allo scopo di celare il conflitto di interesse tra la proprietà di Dama e il Presidente Fontana”. Dal 19-20 maggio 2020, poi, “lo scenario è mutato, allo scopo di risolvere con modalità che evidentemente sono apparse agli attori ‘convenienti’ la situazione di grave imbarazzo che era scaturita dalle prime avvisaglie dell’inchiesta giornalistica” di Report “in corso, che rischiava di deflagrare improvvisamente”. Quando la fornitura a maggio fu trasformata in donazione per questo motivo, “non risponde al vero”, come sosteneva l’accusa, “che si sia cercato a posteriori di considerare la fornitura come a titolo gratuito fin dall’origine”. E anzi tutto, secondo il giudice, fu reso “palese” tra le parti: da un lato Dama ha sospeso le consegne, dopo aver fornito 50mila camici, e dall’altro Aria “ha revocato i mandati di pagamento”. Non si può dire, quindi, conclude il gup, che “il nuovo accordo costituisse un mero contratto simulato, teso ad occultare la reale volontà dei contraenti”.

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