Cambia il potere in Procura, e vengono fuori gli altarini

Povera procura di Milano. Cioè, non è da queste parti siamo mai stati teneri con il Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo // di Fabio Massa

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Povera procura di Milano. Cioè, non è da queste parti siamo mai stati teneri con il Palazzo di Giustizia del capoluogo lombardo. Potremmo semplicemente dire che i nodi vengono al pettine, ma sovviene sempre quella sorta di ingiustizia rispetto al fatto che solo alla fine di un’era si scoprono tutte le magagne che non solo erano tollerate, ma conosciute da tutti. E fa ridere, se non piangere, che i giornali si dedicano allo sport di criticare oggi la procura siano gli stessi che ieri la procura usava per comunicare quasi come house organ, o ad ogni modo media privilegiati.

Ovviamente, morto un re se ne fa un altro e per accreditarsi con il nuovo bisogna screditare il vecchio.

La rivolta dei pm sui lavori della sezione reati internazionali

E’ un modo infallibile di procedere: per capire il tam tam non bisogna fare come gli indiani, ovvero appoggiare l’orecchio sui binari del treno, ma basta leggere ben bene i giornali. Nel giro di un paio di settimane, anche prima della nomina di Marcello Viola – nuovo procuratore capo, papa straniero in una struttura che da 50 anni sceglieva da sola i propri capi – è venuto fuori, ad esempio, che c’era la rivolta di buona parte dei pm rispetto al carico di lavoro della tanto celebrata sezione reati internazionali, quella dove hanno trattato il caso Eni che ha fatto crollare tutto.

 

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