Di Fabio Massa
Tutti contro Romano Prodi. La destra perché dice (peraltro avendo anche una parte di ragione): “Se l’avesse fatto uno di destra…”. La sinistra imbarazzata che non sa se difendere uno dei suoi leader oppure condannarlo. Ma prima i fatti. Una giornalista fa una domanda a Prodi sul manifesto di Ventotene. Domanda corretta e che pure non desta scandalo. Non gli ha chiesto, come altri in passato, qualcosa che lo possa offendere. Prodi reagisce in malo modo, poi allunga la mano e dà una tirata di capelli alla giornalista. Qualcosa di irrituale e irrispettoso, per i canoni di oggi. Nessun esponente politico, di destra o di sinistra, si sognerebbe di fare lo stesso. E, capiamoci subito, non lo dovrebbe fare neppure Prodi. Perché una donna, o un uomo, che stia lavorando oppure no, non li si tocca mai, se non su esplicito consenso. Questa è la realtà, e questa realtà bisogna rispettare. Dopodiché io vorrei un po’ di pietà. Perché applicare queste regole sacrosante a persone di una età, di una diversa cultura, che sono cresciuti con altre abitudini, spesso sbagliatissime, è essa stessa una violenza. Io ritengo che all’inizio Prodi non abbia neppure capito la domanda, e che poi si sia trovato in difficoltà e abbia reagito con un gesto proprio dei maschi della sua epoca. Brutto? Sì. Ma anche mio nonno, operaio, quando vedeva un fantastico atleta di colore sul ring esclamava tutto contento: “Io tifo per quel neretto”. E vagli a spiegare che non si dice, che non si descrive qualcuno così. E lui a replicare: “Ma io lo ammiro e lo tifo, mica sono razzista”. Che cosa si fa? Per una persona nata negli anni ‘20 è difficile adattarsi al mondo. Mio nonno non c’è più da tanti anni, ma continuo a pensare che quel suo “neretto” fosse un errore non frutto della sua malvagità, ma della diversa cultura (e della scarsa cultura, era un operaio). Prodi è sicuramente una persona colta, un professore. Ma anche lui è una persona di una certa età che ha fatto un errore. Archiviamolo così e smettiamola di tormentarlo. Non fosse altro che tra cinquant’annni potrebbe toccare a noi.