Ramy, i poveri carabinieri e altre vicende tristemente giornalistiche

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Di Fabio Massa
Su Ramy ha già scritto tutto qualche tempo fa l’ex luogotenente dei Carabinieri Massimiliano Filiberti, persona che conosco e che stimo. L’Arma dovrebbe querelare mezza stampa e mezzo mondo politico italiano per la diffamazione subita: non c’è stato impatto tra l’auto dei militari e lo scooter. Ramy non è morto per colpa loro, ma per colpa del criminale alla guida. Fine delle trasmissioni.
Torno su questa cosa però per cercare di far capire come funziona l’informazione in Italia. Nel momento in cui l’avvocato di Ramy (presumibilmente, non siamo sicuri) spara il siluro sulla stampa dei carabinieri che avrebbero – ma poi si è dimostrato che non è così – esultato alla caduta dello scooter, il mondo mediatico a reti unificate si è unito nello sdegno. Anche a me quelle parole sono risultate disturbanti, l’ho detto e l’ho scritto. Quando però si è capito che nulla di tutto quanto raccontato è avvenuto, il silenzio sulla vicenda è stato quasi totale. Sì, gli articoli sono usciti. Ma non in prima pagina, non in apertura di telegiornali. In questo Paese, ed è un problema della stampa italiana, non di quella del mondo civilizzato, fa notizia solo la prima parte della vicenda. E’ come se uno aprisse un romanzo e si leggesse le prime 50 pagine. Come va a finire la vicenda poi non interessa a nessuno, nessuno ha la pazienza di arrivare fino in fondo. Ma la colpa non è del lettore, si badi bene. La colpa è nostra, del sistema dell’informazione.
Abbiamo abituato il lettore a leggere le prime 50 pagine, tutte a senso unico, in modo tale che desse per scontata una fine che scontata non è: a che pro, del resto, fare lo sforzo di leggersi tutto il libro per scoprire chi è l’assassino? Tanto lo sai dall’inizio che è il maggiordomo… Te l’hanno detto tutti quelli che ammiri della tv, e quelli che voti della tua parte politica, e in fondo visto che hai da pagare le bollette, hai cose più importanti di cui occuparti, leggi, pensi che il colpevole sia il maggiordomo e non ci pensi più. Fuor di metafora: guardi la tv, pensi che sia tutta colpa dei carabinieri oppure l’inverso, a seconda del tuo schieramento, e via andare verso il prossimo servizio, verso la prossima cazzata. Ho sempre sostenuto che il giornalismo non è arte, ma artigianato. Non è una missione, ma un lavoro (e come tale va pagato). Eppure forse bisognerebbe iniziare a recuperare il concetto di lavoro fatto per bene. E non c’è lavoro fatto per bene, a livello giornalistico, che non sviluppi il dubbio più che l’accusa, e che non abbia interesse a raccontare la fine e non solo l’inizio delle storie.

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