Garlasco e le indagini fatte male e anzi peggio

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Di Fabio Massa

Non seguo più da anni la cronaca nera. Eppure, un tempo era proprio il campo di applicazione della mia professione giornalistica. E c’ero, mentre Alberto Stasi veniva rilasciato dal carcere dei Piccolini, in quel parcheggio con gli altri giornalisti, dispersi in una enorme spianata nei pressi di Vigevano. Già da allora sapevamo tutti, come lo sappiamo adesso, che le indagini erano state svolte diciamo malissimo, o forse peggio. Sapevamo tutti che la qualità tecnica del lavoro svolto era insufficiente. Ma nessuno lo diceva, perché ovviamente avevamo a cuore le fonti, che sono tra gli inquirenti. Come in ogni indagine fatta male che si rispetti, tutto finiva sui giornali e gli atti erano completamente pubblici. Con il risultato che tutti gli attori sapevano quel che stava succedendo semplicemente comprando una copia di un qualunque quotidiano o navigando sul web. Invece gli investigatori di una volta, complice anche un sistema dell’informazione decisamente meno frenetico e immediato, magari non dicevano niente, lasciavano libero il presunto sospetto e lo osservavano, lo pedinavano, lo intercettavano. E alla fine arrivavano in fondo. Invece nel tempo della giustizia spettacolo, si facevano intere puntate di Porta a Porta sul sangue mestruale sui pedali della bicicletta della povera Chiara Poggi, e sui più minuscoli rilievi. Salvo poi non arrivare mai a giustizia completa, senza dubbi. Non è stato l’unico caso a lasciare confusi. Sull’altro grande omicidio spettacolo, ad esempio, quello della povera Meredith Kercher, un  tizio nero si è fatto il carcere per concorso in omicidio, ma senza che nessuno sia stato condannato per omicidio. Un concorso con nessuno. Una assurdità. Eppure va bene, allegria! Ora con il dna di Sempio, lo show goes on. E tutto si impantana come in quel parcheggio dei Piccolini, tanti anni fa, aspettando il rilascio di Stasi. Avanti così, con una giustizia che fa sempre più spavento.

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