Caso Ramy, l’unico saggio è il papà. E i vertici dell’Arma…

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Di Fabio Massa
Non gliene frega niente a nessuno, salvo alla famiglia e a qualche amico del Corvetto, di Ramy. Ramy il ragazzo morto in un incidente tutto da chiarire (sarà stato speronato – secondo la polizia locale no – sarà morto perché il suo amico pensava di prendere lo scivolo del marciapiede e infilarsi dove non si poteva infilare a quella velocità? Lo dirà un giudice). Ramy che deve diventare simbolo, come già Dax e altri prima di lui, non per un merito, ma per un tremendo accidente del destino, una tragedia. Ramy che deve finire sui murales, incarnare l’immagine della lotta contro questo governo fascista, contro le forze dell’ordine fasciste, contro un esecutivo sionista, contro tutto e contro tutti. Quello poi magari manco se ne fregava della politica. Ma fa niente perché Ramy vive, perché Ramy odia ancora, come scrissero di Dax. Poi però c’è qualche persona a cui frega davvero di Ramy. Uno di questi è il papà, che vuole solo che sia fatta giustizia. E giustizia si fa attendendo le indagini, tenendo i toni bassi, non spaccando tutto. Continua a ripeterlo, il padre, ma niente: nessuno lo ascolta perché tutti hanno una missione politica da svolgere. Tutti quelli che parlano di Ramy lo fanno senza aver visto una perizia, ma solo immagini sfocate. Senza aver visto un rilievo, una fotografia ravvicinata. Senza aver visto niente se non un video. Un video disturbante, nel quale due carabinieri si augurano che la moto cada. E però, come la fermi una moto se non facendola cadere? Non devi speronarla, ma devi sperare che si fermi da sola in qualche modo. Ma ancora una volta, questi sono altri discorsi. Si parla senza sapere i nomi dei carabinieri coinvolti. Uno di questi sarebbe un brigadiere, stando a quanto riferisce un ex comandante dell’arma, che una decina d’anni fa, pur di non far del male a un tossico pluripregiudicato avrebbe messo a repentaglio la propria vita, disarmato e senza giubbotto, per arrestarlo senza che nessuno si facesse male. Piccoli eroismi, che passano sotto silenzio. In Italia c’è un brutto clima, si dice. C’è un brutto clima a Bologna, dico io, quando si assalta una sinagoga. C’è una brutta aria quando si pensa che i carabinieri siano dei fascisti, e forse servirebbe una dichiarazione, una sferzata da parte dei vertici. Perché va bene il “tacendo morir”, ma l’onore dell’Arma, per il tributo di sangue che ha pagato e che paga ancor oggi ogni anno, non può essere oltraggiato.

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