Torna dal 4 dicembre la grande mostra di Natale a Palazzo Marino, l’appuntamento ormai tradizionale con la grande arte italiana e internazionale che ogni anno regala ai milanesi un’esposizione straordinaria, gratuita e allestita in Sala Alessi, il grande e storico salone di rappresentanza del comune di Milano.
Per tutte le feste e fino al 12 gennaio 2025, i milanesi e i sempre più numerosi turisti potranno ammirare un grande capolavoro del Rinascimento italiano ed europeo, “La Madonna con il bambino e i santi Simone e Giuda”, nota come “La Madonna di San Simone” di Federico Barocci, una grande pala d’altare proveniente dalla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino.
“L’appuntamento natalizio con l’arte a Palazzo Marino è ormai un momento tradizionale per la città, un’occasione per avvicinarsi alla bellezza e alla devozione durante le festività. Quest’anno, con ‘La Madonna di San Simone’ di Federico Barocci, offriamo alla città un’opera straordinaria, che celebra la grande tradizione rinascimentale italiana, ammirata in ogni epoca da tutto il mondo. Grazie alla preziosa collaborazione con Intesa Sanpaolo, Rinascente e tutte le realtà che ci sostengono, questa mostra donata alla città diventa anche il simbolo dell’arte come strumento capace di unire risorse e comunità – dichiara l’assessore Tommaso Sacchi -. Lo stesso spirito si ritrova nell’iniziativa ‘Natale nei borghi’, che propone la medesima esperienza anche nei quartieri, valorizzando il patrimonio artistico diffuso e accompagnando i cittadini e le cittadine in una riscoperta delle nostre radici”.
Realizzata dal grande pittore urbinate tra il 1566 e il 1567, la pala monumentale (realizzata in olio su tela e su carta, cm 283×190) è stata una dei protagonisti della grande retrospettiva dedicata a Barocci al Palazzo Ducale di Urbino, dal 19 giugno al 6 ottobre scorso, e costituisce uno dei capolavori della Collezione della Galleria Nazionale delle Marche.
Federico Barocci (Urbino, 1533 – 1612) è erede diretto del classicismo di Raffaello (Urbino, 1483 – Roma, 1520) e la sua opera chiude idealmente la grande stagione rinascimentale e, allo stesso tempo, quella altrettanto straordinaria del ducato di Montefeltro, dominata artisticamente da nomi che hanno fatto la storia dell’arte come Piero della Francesca e Donato Bramante.
Definito dal Vasari “giovane di grande aspettazione”, fin da subito Barocci viene presentato come il nuovo Sanzio, tornato a riportare la gloria alla città ducale; ma, mentre Raffaello imbocca giovanissimo la via per Roma, Federico Barocci a trent’anni, dopo importanti soggiorni e commissioni a Roma, compie la scelta, inconsueta all’epoca, di restare nella sua città natale, lontana dai grandi centri culturali.
Ciò nonostante, Barocci diviene interlocutore di Papi, sovrani e imperatori, anche grazie alla mediazione del suo signore e amico, il duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere. Diviene anche uno dei pittori prediletti da Federico Borromeo, cardinale e arcivescovo di Milano dal 1595, la cui passione per l’arte lo portò a rivolgersi a numerosi artisti stranieri per arricchire la sua collezione, contribuendo a fare di Milano una città inclusiva e aperta all’arte internazionale: ecco perché acquistò all’inizio del Seicento una splendida “Natività” di Barocci, che si può ammirare alla Pinacoteca Ambrosiana.
Il percorso artistico di Federico Barocci viene definito, attraverso quasi sei decenni di attività, dalle sue pale d’altare. Per il periodo storico, il numero delle pale realizzate da Barocci è “assolutamente eccezionale”, considerando anche il fatto che esse rappresentano la stragrande maggioranza della sua produzione artistica. Barocci ha in realtà eseguito anche affreschi, opere religiose, alcuni splendidi ritratti e un unico dipinto profano, ma è la trentina di pale d’altare a definire il profilo del suo lavoro.
Realizzata intorno al 1567, “la Madonna di San Simone” sovrastava l’altare della settima cappella della chiesa urbinate di San Francesco. La tela rappresenta San Giuda Taddeo, identificato con l’alabarda del suo martirio, alla destra della Madonna; San Simone, riconoscibile grazie alla sega usata dai suoi aguzzini per ucciderlo; e alla sinistra del gruppo principale la Vergine col Bambino. Straordinaria è la capacità del Barocci di evocare la tenerezza umana – appresa soprattutto da Correggio, in particolar modo nella figura della Vergine che insegna a suo figlio a leggere. Oltre ai soggetti sacri, appaiono in fondo a destra anche i ritratti dei committenti, donatori dell’opera alla Chiesa, i quali esprimono una grande vivida partecipazione alla scena sacra, simbolo di una devozione personale e collettiva.
I curatori dell’esposizione a Palazzo Marino, Luigi Gallo e Anna Maria Ambrosini Massari – gli stessi della grande monografica organizzata dal Palazzo Ducale di Urbino – affermano che “l’opera in mostra a Milano, città con la quale l’artista ha intrattenuto importanti e continuativi rapporti per alcune opere, in particolare per la Fabbrica del Duomo, è un apice della prima maturità di Federico, al centro della costruzione del suo personalissimo stile, pieno di un dinamismo interno tutto emozionale, modulato con colori sensitivi, per intonare, francescanamente, un cantico all’armonia del creato: uomini, piante, animali. (…) Un’opera che parla al cuore, che tocca le corde affettive, che ci coinvolge con la sua impetuosa dolcezza, la sua amorevole gentilezza”.
L’esposizione è arricchita da un prezioso disegno autografo di Barocci, proveniente dal Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, preparatorio per una figura di devota nella pala della “Madonna del Popolo,” dipinto oggi conservato agli Uffizi. Realizzato tra il 1575 e il 1579, il foglio offre la possibilità di immergersi nel processo creativo di Barocci, scoprendo le tecniche e i segreti dietro la realizzazione di uno dei suoi capolavori più ammirati. Si tratta infatti del frammento di un grande cartone, disegnato a carboncino e a gessetto bianco, dove i contorni della figura sono incisi con uno stilo per il ricalco della composizione direttamente sulla pala. Ora il disegno verrà esposto a Palazzo Marino, a pochi passi dal Palazzo Belgioioso, dove era conservato dalla fine del Settecento e fino al 1943, anno in cui fu donato alle collezioni civiche milanesi.