L’afasia della politica milanese sul tema delle seconde generazioni

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Di Fabio Massa

Ehi, hanno scoperto che Milano ha delle periferie. E che in queste periferie c’è gente che scippa, ruba, e scappa in motorino e ogni tanto si schianta e muore. Dove sta la notizia?  Direbbe Roberto Cazzulani, mio vecchio caposervizio del giorno, uno che la cronaca nera ce l’aveva nel sangue. Cioè: la notizia la diamo, ma è cronaca, e là finisce. Che in periferia non ci sia sicurezza non è la novità. La novità è che oggi scopriamo che ci sono le seconde generazioni, e che queste seconde generazioni non solo hanno un problema di integrazione – che è cosa evidente – ma che soprattutto hanno sensibilità e idee diverse nei confronti dell’Italia. Sono generazioni che – anche laddove sono già cittadini italiani – non votano, così come ormai non votano neanche più gli italiani nelle periferie. Sono giovani e meno giovani che non credono nel nostro Paese, dove sono nati e del quale diventeranno cittadini nel giro di una manciata di anni. Sono giovani figli di stranieri che soprattutto non credono nella città in cui vivono, e che la città non coinvolge mai né nelle scelte né nel dibattito. Avete mai sentito parlare la politica cittadina di seconde generazioni se non per sclerotizzarsi tra chi li arresterebbe tutti e chi invece li integrerebbe tutti? Avete mai visto un dibattito, un premio, una iniziativa, una ribalta anche critica con loro e per loro? Ovviamente no. E qui non si sta parlando di integrare un tizio che scappa dalla polizia e finisce per schiantarsi e morire. Quella è semplice cronaca nera. Qui si sta parlando di riflessione politica su una collettività sempre più importante per questa città. La stessa collettività, della stessa matrice culturale, che affolla i cortei proPal ogni settimana, e che vorrebbe legittimamente un luogo di culto. La stessa collettività che abbisogna di una attenzione particolare. Questo dovrebbe fare la politica: sollevare una riflessione. E invece stiamo qui a parlare di quanto sia stato un martire o un rapinatore un ragazzo morto, per il quale dobbiamo provare solo pietà, senza voglia di santificazione o demonizzazione.

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