Luciano Gualzetti,direttore di Caritas Ambrosiana.
Famiglie con minori, donne sole o con bambini, immigrati ma anche “tra le tendenze più chiare” tanti lavoratori italiani con stipendi troppo bassi, a conferma della rilevanza del fenomeno del “lavoro povero”. Secondo il report annuale di Caritas Ambrosiana, nel 2023 queste sono le persone che hanno avuto più bisogno di aiuto, non solo alimentare e materiale. Dal Rapporto sulle povertà nella diocesi ambrosiana – Dati 2023, presentato questa mattina nella sede di Caritas Ambrosiana, alla vigilia della Giornata mondiale di lotta alla povertà, si delinea il profilo di chi è in difficoltà: tra coloro che si sono rivolti alla rete Caritas 6 su 10 sono donne, il 63,9% immigrati, rimane stabile la presenza dei disoccupati – attestata al 49,1% – mentre si registra una forte presenza di lavoratori, che sono il 23,9% del totale. Il report tiene in considerazione un numero maggiore di centri di ascolto (168 contro i 137 del 2022). Aumenta anche il numero di persone aiutate da questi centri, tanto da raggiungere quota 17.238, il 17,9% in più rispetto al 2022, di cui il 59,6% sono donne (ma tra gli immigrati la presenza femminile raggiunge il 63%). In un anno è aumentata la presenza anche degli uomini (40,4%, erano 38,6% nel 2022). Tra queste persone che si sono rivolte alla Caritas si registra un aumento degli immigrati di quasi 4 punti percentuali rispetto al 2022 e una lieve diminuzione degli italiani (passati da 38,9% a 36,1). Tra gli immigrati, la maggior parte (84,6%) sono extracomunitari con regolare permesso di soggiorno, sono di pari passo anche raddoppiati gli immigrati irregolari (9,5%) e infine è raddoppiato il numero di persone provenienti dal Perù, il 18,5%, soprattutto famiglie con minori. Sempre più vulnerabili le famiglie. I nuclei familiari con minori a carico sono 4167, il 24,2% in più rispetto al 2022. Tra questi, la maggioranza (74%) sono famiglie composte da immigrati, mentre il 23,5% sono donne sole con figli. In questa platea, 8404 sono minori. Non basta nemmeno avere un lavoro per non rientrare nelle fasce di fragilità. I dati sul lavoro povero evidenziano infatti che l’80,9% tra le persone occupate che si sono rivolte alla Caritas ha problemi di reddito (erano il 77,5% nel 2022). Ai centri d’ascolto e ai servizi Caritas continuano a crescere le richieste di aiuto dettate da insufficienza di reddito, mentre si riducono i casi con problemi di lavoro. La complessità del fenomeno è stata sottolineata da Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana: “La Caritas Ambrosiana insiste su mezza Lombardia – ha ricordato a margine – ha una rete di 400 centri di ascolto che sono collegati con l’osservatorio delle povertà. Abbiamo registrato un aumento delle persone che si rivolgono alla Caritas. 6 su 10 sono donne e ci sono famiglie con minori. Viene confermato quanto rivelato dopo la pandemia: il 50% sono disoccupati ma è da considerare il lavoro povero, persone che, pur avendo un’occupazione, hanno bisogno di aiuto da parte della Caritas. Tra questi ci sono anche gli immigrati. Durante la pandemia avevamo raggiunto una sorta di parità tra italiani e stranieri, i dati del 2023 dicono che gli immigrati stanno risalendo verso la proporzione che c’era prima della pandemia, che era 70 %immigrati e 30 gli italiani. Infine, c’è la situazione di coloro che pur avendo un lavoro non possono permettersi di avere una casa. Agiamo tra il soccorrere persone con beni alimentari e interventi più strutturali come l’utilizzo del fondo Diamo lavoro che cerca di risolvere alla radice la questione, trovando un lavoro che consenta di avere un reddito sufficiente.
Nei 50 anni di storia della Caritas Ambrosiana è cambiato il profilo di chi si rivolge ai suoi servizi, come sta evolvendo l’utenza di chi si rivolge alla Casa della carità di Milano. “Nell’ultimo anno abbiamo visto un aumento di famiglie peruviane bussare alla porta di Casa della carità insieme a profughi afghani e ucraini. È in aumento anche la povertà di italiani che vengono a chiedere aiuto più sui diritti che sul cibo, per affrontare il tema della casa, della salute e della residenza” ha spiegato Don Paolo Selmi, vicedirettore di Caritas e presidente di Casa della carità. Come mostrato dai dati, la povertà è un fenomeno complesso, fatto di diverse categorie di persone e provocato da differenti fattori. Una presenza stabile è quella delle persone straniere che tuttavia non sempre riescono a uscire da questa condizione con l’acquisizione della semplice cittadinanza italiana. “La cittadinanza legale non si traduce in cittadinanza sostanziale. La povertà va oltre in confini politici della cittadinanza – ha spiegato il sociologo Maurizio Ambrosini, dell’Università Statale di Milano – Ci sono forme di discriminazione istituzionale persistenti, penso all’accesso all’edilizia sociale, forme di debolezza sul mercato del lavoro, problemi di precarietà educativa. Tutto questo si traduce in un fenomeno di impoverimento anche in una fascia che sembrava aver acquisito un certo livello di integrazione”. Oltre alle misure immediate di sostegno al reddito, secondo il sociologo occorrono interventi a lungo termine: “Misure più a lungo termine sono la rimozione di forme di discriminazione per l’accesso al welfare e forme di sostengo al capitale umana, alla capacità di collocarsi in lavori migliori, soprattutto per le donne che spesso vengono dai servizi alle famiglie, e può capitare che l’anziano assistito viene meno, si ritrovano senza lavoro e con titoli di studio inadeguati e non spendibili in Italia. La formazione serve nel lungo termine”. La povertà si può iniziare a combattere con la diffusione di una maggiore consapevolezza dei propri diritti, secondo l’avvocato Alberto Guariso, dell’associazione Avvocati per Niente. “Il dibattito politico risente di un’eccessiva categorizzazione dei poveri. Gli strumenti di contrasto della povertà devono invece essere universali, altrimenti (lo dimostra anche la nostra esperienza di supporto legale a numerose situazioni) si corre il rischio di lasciar fuori, spesso ingiustamente, come accaduto con la recente riforma del Reddito di cittadinanza, tantissime persone realmente in difficoltà, ma che non corrispondono a requisiti troppo specifici e quindi selettivi. Questa situazione vale in maniera esasperata per i tanti migranti che, anche tramite quote di ingresso sempre più ampie, entrano nel nostro Paese, che ne ha peraltro evidentemente bisogno: di fatto, il 40% di essi finiscono per essere esclusi da qualsiasi misura di supporto al reddito e da altre misure di welfare, dunque per essere confermati in una condizione di indigenza, nonostante abbiano un lavoro” ha affermato nel suo intervento.