Israele e Ucraina, la prima vittima è il giornalismo

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Di Fabio Massa

Un famoso film di Oliver Stone, Platoon, aveva come sottotitolo “la prima vittima della guerra è l’innocenza”. Era ambientato nel Vietnam. Penso che se dovessimo girare un film oggi su Gaza, Libano, Ucraina potremmo apporre un nuovo sottotitolo: “La prima vittima della guerra è la verità”. Per la prima volta nella storia contemporanea non esiste un giornalismo indipendente nei conflitti in corso. La Russia annuncia di voler arrestare gli inviati del Tg1 al seguito delle truppe di Kiev, che però – perché la verità va raccontata tutta – mesi fa fecero esattamente la stessa cosa con altri giornalisti che avevano provato a seguire i russi. Risultato finale? Abbiamo inviati solo sulla parte ucraina e di fatto nessuna cronaca dalla parte russa. E’ un bene per la verità? Io non lo credo. Per quanto riguarda israeliani e libanesi e palestinesi, è un po’ lo stesso discorso. Non abbiamo inviati indipendenti su un fronte e l’altro. E anche sulla questione Unifil, avendo visto e sentito le interviste sia ai comandanti delle guarnigioni dell’Onu che al portavoce dell’esercito israeliano, mi rimane una domanda: perché nessuno chiede come sia possibile che vengano scavati tunnel nei pressi delle torrette? Oppure sono tunnel che non c’entrano niente con le operazioni militari? E chi può dirlo, se non giornalisti indipendenti che vanno sul campo? Il problema è che nel nuovo millennio il giornalismo indipendente di guerra non esiste più: chi vuole far tuonare le armi, che sia quello che sosteniamo o quello che non sosteniamo, lo vuole fare nel silenzio della stampa. E se la stampa è silente, le nostre opinioni sono di parte, e si riduce la nostra capacità di capire il mondo.

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