Di Fabio Massa
Nelle carte dell’inchiesta sugli ultras è rispuntato il nome di Vito Cosco, l’uomo che uccise quattro persone, tra cui una bimba di pochi mesi in braccio a sua madre in una folle notte al parchetto di via Biancospini a Rozzano. Io c’ero, quella sera. Era uno degli ultimi servizi di nera che scrissi per il glorioso quotidiano Il Giorno, al quale sarò sempre riconoscente. Ora come allora tutta la stampa che conta, compreso uno SkyTg24 al primo collegamento esterno (ricordo che portai in giro con la mia auto tizia e operatore per una giornata e manco mi disse grazie, ma questo attiene all’educazione di certi colleghi) insistette sul fatto che a Rozzano c’è un pregiudicato ogni 3 abitanti. Alla sera, di ritorno da giornate massacranti in compagnia del mitologico inviato Gabriele Moroni, ci ridevo su con i miei genitori: “Qui siamo in quattro, e mio fratello è uno stimatissimo musicista. Quindi chi è, tra me e voi, che è finito dentro?”. Ovviamente era una bufala, eppure conquistò la prima pagina di Corriere e Repubblica. Una statistica del genere non esiste. I rozzanesi, gente orgogliosa come me, che non nascondo mai e a nessuno, di aver vissuto la mia infanzia e la mia giovinezza a Rozzano, si ribellarono e fecero una fiaccolata. Niente: Rozzano era dannata. La brutta notizia è che continua ad esserlo ancora oggi. C’è chi ci scrive libri, su Rozzano, dipingendola tutta come un luogo omofobo e razzista, e visto che scrive bene (anzi: benissimo) ci fa pure sopra una carriera. Certo, molti non sono scienziati al servizio dell’inclusione di genere, anzi. Ma come in ogni periferia difficile, dove l’educazione e l’istruzione non brillano: Rozzano in questo non è speciale. Eppure in quella periferia difficile nascono talenti, si creano opportunità. E’ un fatto, e non mi metto a citare i soliti Michele Alboreto e Biagio Antonacci perché non ho voglia di sventolar santini. E’ un fatto che Rozzano è una città multiculturale. Non può essere altrimenti, dopo decenni di immigrazione da praticamente ovunque. E’ un fatto che a Rozzano si spacci, ma mi sfugge la colpa che avrebbero gli altri cittadini. Ma quello che più di tutto mi fa impazzire è questa cosa di Fedez che, per minacciare questo e quello, leggendo le carte, dice “io sono di Rozzano”. Il che, francamente, ha pure stufato, non fosse altro che Fedez E’ DI BUCCINASCO. E’ nato a Buccinasco, e lo ha raccontato una ventina di volte almeno, una delle quali pure a Gratteri. Le scuole, le ha fatte a Buccinasco. Intendiamoci: a Rozzano i suoi genitori avevano un esercizio commerciale, quindi l’avrà pure frequentata. Ma io mai mi sognerei di dire che sono di Corsico perché per un periodo della mia vita ci ho lavorato. Questo è il problema vero della vicenda: che Rozzano è diventata mito, come certe città della malavita in tutta Italia. Che c’è un compiacimento a dipingere una città per quello che non è, un luogo dove le regole non valgono e dove tutti sparano a tutti per strada, un luogo dove non è opportuno far crescere i figli e dove tutti sono violenti e incolti. Un compiacimento, questo, che è offensivo per chi a Rozzano ci è davvero nato e vissuto, che la ama pur conoscendone i lati oscuri, ma che mai ci farebbe una carriera sulla sua pelle.