Di Fabio Massa
Torniamo ancora una volta sugli insulti a Liliana Segre. Ricordiamo il contesto: manifestazione pro-pal, chef Rubio sul palco che definisce il terrorista macellaio Nasrallah “fratello” che verrà sostituito, esponenti istituzionali del Partito Democratico che partecipano a quel corteo e che – dopo l’avvenuto – sono pure rimasti silenti sui social (generalmente ci informano anche di quando vanno ai giardinetti). Dopo un po’ troppe ore di silenzio il segretario metropolitano, Alessandro Capelli, che ha all’interno della sua segreteria due esponenti che erano in quel corteo (e che, lo ribadisco, sono rimasti silenti), ha detto parole importanti: “A pochi giorni dal 7 ottobre diciamo parole nette: si liberino gli ostaggi, cessino immediatamente il massacro a Gaza e le azioni del Governo Netanyahu contro il diritto internazionale anche in Cisgiordania e ora in Libano, si fermino missili e terrorismo contro Israele”. E ancora: “Non abbiamo bisogno di cortei o commemorazioni dove trovano spazio fondamentalismi religiosi o deliri antisemiti che condanniamo senza alcuna esitazione”. Ecco, questo è giusto. E finalmente qualcuno lo dice a gran voce. Sarebbe bello che anche quelli che hanno sfilato, che non hanno contestato Rubio mentre diceva le sue idiozie, che non hanno tirato giù a calci quel cartello con sopra scritto “Segre agente sionista”, condividessero questo post e magari chiedessero scusa. Ma è troppo richiederlo. Così come è troppo chiedere coerenza: che cosa sarebbe successo se lo stesso cartello lo avesse esposto una manifestazione di Fratelli d’Italia? E perché non ci si scandalizza alla stessa maniera per un corteo pro-Pal? Sono domande che purtroppo rimangono sempre senza risposta.