ROMA (ITALPRESS) – Secondo uno studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, un farmaco attualmente utilizzato per la malattia renale cronica nei pazienti con diabete di tipo 2 ha dimostrato di ridurre il rischio di peggioramento e di morte cardiovascolare negli individui in cui il cuore non è dilatato ma conduce a una forma di scompenso cardiaco. Il farmaco, finerenone, potrebbe rappresentare una nuova opzione terapeutica efficace in questi pazienti per i quali sono pochi i trattamenti disponibili. Lo scompenso cardiaco rappresenta un grave problema di salute pubblica che colpisce 15 milioni di individui in Europa e circa 1 milione in Italia e si stima che quasi la metà abbia una frazione di eiezione leggermente ridotta. “Negli ultimi 20-25 anni – dichiara Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società Italiana di Cardiologia e direttore della scuola di specializzazione dell’Università Federico II di Napoli – abbiamo fatto passi da gigante nel campo dell’insufficienza cardiaca, ma perlopiù per il tipo chiamato con frazione di eiezione ridotta, cioè quando il cuore non pompa molto bene. Nella forma in cui, però, il cuore si contrae normalmente, ma i ventricoli si irrigidiscono e non sono in grado di riempirsi in modo corretto – definito scompenso cardiaco con frazione di eiezione lievemente ridotta o conservata -, abbiamo una sola classe di farmaci che sono le gliflozine. Sono dunque limitati i trattamenti disponibili per questo tipo di pazienti in continua crescita per via dell’invecchiamento della popolazione. Oggi – conclude Perrone Filardi – si aggiunge un nuovo farmaco bloccante non steroideo, in grado di influenzare favorevolmente questa forma di scompenso cardiaco difficile da gestire e trattare”.
sat/mrv
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