Ecco perché sui contributi i consiglieri regionali sbagliano di grosso. La soluzione si chiama Inps

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Di Fabio Massa
E’ di oggi la notizia, un po’ ovunque, sul fatto che il consiglio regionale lombardo sta discutendo di reintrodurre i contributi per i consiglieri regionali, e il trattamento di fine mandato. Ovvero, per capirsi, la “liquidazione”. Era tutto stato levato nel 2011, insieme ai vitalizi, da Roberto Formigoni, al termine di una campagna di stampa durissima alla quale – e ne vado fiero – partecipai anche io insieme all’allora conduttore di Telelombardia Roberto Poletti. Quella roba là era una schifezza, e andava levata. Gente che con una legislatura regionale è andata avanti per decenni a prendere soldi, tipo Mario Capanna (34mila euro nel 2023) o Luigi Corbani (che nel 2022 ne ha presi 37mila), già vicesindaco di Milano e oggi grande oppositore di Beppe Sala, o Carlo Monguzzi (72mila nel 2023) anche lui grande oppositore di Sala, che pure incassò un trattamento di fine rapporto dorato. Tutto regolare, beninteso. Ma era la casta, e bisognava dirselo. Perché nel frattempo i consiglieri comunali non prendevano praticamente nulla e per i sindaci non c’erano neanche i contributi versati, e per gestire magari città come Milano lo stipendio era meno di quello di un consigliere regionale, e senza nessun benefit finale. Quindi, nel 2011 Formigoni elimina tutto.
E dunque, torniamo all’oggi. Chi mi conosce sa che non credo che sia giusto pagare poco i politici, soprattutto se amministratori. Penso che se il sindaco di Milano percepisce meno di un funzionario (non di un dirigente!) di Eni, abbiamo un problema. Penso che se il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio prendono meno di 250mila euro l’anno, abbiamo un problema. Il lavoro va pagato. Ad ogni lavoratore la giusta mercede, diceva Gesù Cristo, ma visto che siamo un paese di ipocriti ognuno cerca di arraffare qualcosa e dopo anni nei quali i politici l’hanno fatto più di tutti, adesso siamo alla gratuità più assurda. Presidenti di partecipate, cda, gente che lavora per lo Stato che deve farlo gratis. Roba da pazzi, ma questa è la moda di oggi, illudendosi che ci sia un risparmio. Il lavoratore non deve rubare lo stipendio, e il politico non deve rubare lo stipendio, ma non può neppure essere pagato in modo sbagliato.
Premesso questo, la legge regionale lombarda che avrebbe dovuto reinserire i contributi per i consiglieri regionali è sbagliata. Per un motivo molto semplice: perché ancora una volta a decidere sui consiglieri regionali sarebbero dovuti essere… i consiglieri regionali. E non deve essere così. Non va bene così. Inoltre gli uffici regionali continuano a dire che i consiglieri non possono essere trattati come tutti gli altri, i poveri cristi come me e voi, che versano su Inps o su una qualunque cassa previdenziale. E perché mai? Perché dovrebbe esserci un altro tipo di trattamento? E se non si può, che si faccia una legge statale che uniformi tutti i consigli regionali, e che obblighi l’Inps ad aprire le posizioni, e vedrete che il problema si risolve in un amen. Perché non si può aprire una posizione Inps per i politici, che eroghi in base alle regole Inps, in base alle aliquote Inps, esattamente come a me e ad altri milioni di lavoratori? E’ questo il problema di fondo, sempre. Che si passa dall’arraffa-arraffa dei politici al nulla, e in mezzo c’è il tentativo di autoregolarsi, di mettersi regole speciali, di fare cose sbagliate. I politici di ogni ordine e grado dovrebbero avere i contributi versati all’Ipns, il tfr in misura identica a tutti gli altri, il sistema sanitario di tutti gli altri e via discorrendo. Niente di meno e niente di più. Solo così il popolo saprà che stanno facendo il loro lavoro onestamente. Un lavoro come tutti gli altri, importantissimo, ma non di privilegiati.

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