Non stupisce Roberto Salis che il portavoce del governo Orban Gergely Gulyás dica che “l’autorità ungherese competente dovrebbe chiedere al Parlamento europeo la revoca dell’immunità” per sua figlia Ilaria, eletta all’europarlamento per Avs ma al momento ancora ai domiciliari a Budapest, dove è a processo con l’accusa di aver aggredito degli estremisti di destra. “Mi stupirei del contrario: se non lo dicessero sarebbe una ammissione” che “i capi d’accusa sono stati strutturati in modo pretestuoso” in quello che è “un processo politico”. Deve essere l’autorità nazionale competente (non il tribunale “che non può chiedere nulla ma deve rispettare le regole europee ed ungheresi”) a chiedere eventualmente la revoca dell’immunità che poi spetta all’aula del Parlamento Europeo votare a maggioranza. Se viene approvata, il processo continua altrimenti, ha ricordato Gulyás, riprende a fine mandato. “Lo sappiamo benissimo. La sua è una dichiarazione di come sono le regole” ha aggiunto, sottolineando che però ora la questione più urgente è un’alta. Al momento il “problema grave” è la proclamazione perché è solo da quel moneto “scatterà l’immunità e in quel momento potrà andare dove vuole”. Fino a che non ci sarà la proclamazione non può uscire di casa e certamente non andare al parlamento dove “i 760 eurodeputati eletti” (tranne lei) “stanno già lavorando” con commissioni di gruppo “per prepararsi alla prima seduta del 16 luglio”. “Per gli altri la proclamazione non cambia nulla, lei invece non può lavorare”, ha concluso.
Ilaria Salis, l’Ungheria non molla: “Il tribunale chieda la deroga all’immunità”
Non è stupito il padre Roberto: "Se non lo dicessero sarebbe una ammissione" che "i capi d'accusa sono stati strutturati in modo pretestuoso". "Fino a che non ci sarà la proclamazione non può uscire di casa e certamente non andare al parlamento".