Airbnb, l’accusa chiede l’archiviazione dell’inchiesta

L'accusa era di reati fiscali per il mancato versamento dal 2017 al 2021 della cedolare secca. Dopo un sequestro di quasi 780 milioni la società ha trovato l'accordo con l'Agenzia delle Entrate.

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La Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta e carico di tre ex amministratori di Airbnb, il colosso degli affitti brevi, accusati di reati fiscali per il mancato versamento dal 2017 al 2021 della cedolare secca e che aveva portato a sequestrare 779 milioni di euro alla società. Airbnb nei mesi scorsi si è accordata con l’Agenzia delle Entrate per un versamento complessivo di 576 milioni di euro. Ora la parola passa al gip Angela Minerva. I pm hanno ritenuto di chiedere l’archiviazione, da quanto si è saputo, per via di una norma incerta che creerebbe confusione tra sostituto d’imposta e responsabile d’imposta. Lo scorso novembre i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf avevano eseguito un maxi sequestro, poi revocato, di oltre 779 milioni e 453 mila euro confronti di Airbnb Ireland Unlimited Company, e di tre persone che hanno rivestito cariche di amministrazione all’interno del gruppo statunitense, tra il 2017 e il 2021. L’accusa è frode fiscale per il mancato pagamento della cedolare secca sui canoni che ammontano a quasi 4 miliardi di euro. Secondo l’ipotesi la società estera in Italia, per i pm in qualità di sostituto di imposta, non aveva ottemperato agli obblighi introdotti dalla legge del 2017 e quindi si sarebbe sottratta alla dichiarazione e al versamento di ritenute pari al 21 per cento su canoni di locazione breve per 3.711.685.297 euro corrisposti nel periodo 2017-2021 dagli ospiti delle strutture ricettive pubblicizzate dalla piattaforma, a fronte delle prenotazioni effettuate. In sostanza, sulla cifra miliardaria incamerata con gli affitti la società, è l’ipotesi, ha corrisposto ai proprietari degli immobili (host) la cifra versata dai locatari “al netto della commissione addebitata per l’utilizzo” della “infrastruttura digitale”, omettendo di saldare i conti con il fisco italiano per gli anni gennaio 2019-gennaio 2023. La società aveva discusso con il fisco italiano se fosse o meno dovuta la cedolare secca, e ritenendo non fosse un suo obbligo, ha sempre dichiarato di aver agito nel rispetto della legalità. Dopo il decreto di sequestro, però, ha definito la propria posizione e ha saldato i conti con l’agenzia delle entrate con un ravvedimento operoso: lo scorso dicembre ha versato 576 milioni di euro a titolo di ritenute dovute, interessi e sanzioni per gli anni 2017 al 2021, mentre a marzo ha pagato altri 97 milioni circa per il 2022.

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