“Maurizio Pollini è il compagno della mia vita. Quando ero giovane c’era ancora il periodo di Claudio Arrau, Rudolf Serkin, Michelangeli, Benedetti. Lui incarnava il rinascimento, la nuova generazione con Alfred Brendel, Radu Lupu, Perahia per esempio. Fino a questi ultimi anni qui ho avuto l’onore di organizzare i suoi ultimi recital. Tra l’altro avevamo ancora delle date per l’autunno prossimo. Naturalmente quando è venuto a suonare il 13 febbraio 2023 non potevamo pensare che sarebbe stata l’ultima volta”. Così il sovrintendente del Teatro alla Scala, Dominique Meyer, ha ricordato il maestro Maurizio Pollini, morto il 23 marzo all’età di 82 anni, nel corso dell’omaggio alla camera ardente allestita nel foyer del teatro. Riguardo all’eredità che il maestro lascia, Meyer ha ricordato che “era molto meticoloso per quanto riguarda la qualità tecnica: a volte faceva venire quattro pianoforti per scegliere quello giusto”. “Poi – ha aggiunto – lascia dietro di sé uno spirito, che trovo bello in questo momento un po’ complesso dello sviluppo della società: quest’idea che la musica sia per tutti”. A tal proposito, Meyer ha menzionato anche l’impegno sociale di Pollini, che con Claudio Abbado e Paolo Grassi, si è impegnato a portare la musica fuori dai centri classici dove viene diffusa, con progetti come ‘Musica/Realtà’. “Mi sono ricordato di questo quando ho fatto ‘La Scala in città’ per portare questa emozione musicale fuori dal centro, dappertutto – ha commentato Meyer -. Sono sempre stato convinto che la musica è per tutti e che ognuno ha nascosto una corda che non chiede che di vibrare, ma per vibrare deve essere messa a contatto della bellezza e della musica e Pollini lo faceva”. Infine, ha detto Meyer, “non aveva paura di andare sui cammini a volte più difficili della musica del ventesimo secolo. L’ultima volta che è venuto qua ha suonato Schoenberg. È questo il suo insegnamento: la cultura per tutti, ma la cultura forte, esigente, potente. Non avere paura di affrontare i pezzi più difficili e di presentarli al pubblico, anche quello meno preparato forse”.
Il sovrintendente del Teatro alla Scala, Dominique Meyer.