Di Fabio Massa
Non ce la possiamo proprio fare, su questa idiozia delle domeniche a piedi. Visto che il nostro è un popolo di smemorati, anche tra i politici, e visto che la nostra città è famosa per essere allergica alle ipocrisie, mi sento in dovere di fare un piccolo riassuntino per chi propina ai giornali falsità gratuite. Allora, le domeniche a piedi erano nel programma elettorale di Giuliano Pisapia. Tanto che ad aprile 2013, oltre dieci anni fa, dichiarava che un referendum sulle domeniche a piedi era cosa inutile visto che “votando me i milanesi hanno scelto una nuova visione della città”. Era aprile 2013. A giugno, quindi due mesi dopo, Pisapia gettò però la spugna, dichiarando abortito il progetto. I motivi erano chiari: i costi per l’amministrazione, tra straordinari della Polizia Locale, corse aggiuntive di Atm eccetera, erano proibitivi. E inoltre tutti i dati dicevano una cosa molto chiara: a livello ambientale non avevano alcun senso. Aggiungiamoci che – allora come oggi, con uno stile da torre d’avorio – nessuno dei sindaci dell’hinterland (neppure quelli di sinistra) aveva dato seguito all’iniziativa milanese (è diverso obbligare i cittadini a rimanere bloccati in un paesino oppure obbligare i cittadini a rimanere bloccati in una metropoli dove hai sempre tutto a due passi). Quindi, riepilogando: iniziativa costosa e inutile. Però, si disse allora, educativa: le domeniche a piedi servivano ad educare la cittadinanza. Che però non vuole essere educata, soprattutto quella milanese, visto che non siamo bimbi piccoli. Adesso, come due anni fa peraltro, i soliti talebani (pile Monguzzi in testa), ripropongono lo stesso cavallo di battaglia. Vabbè, ce ne faremo una ragione. Quello che lascia perplessi è che anche gente raziocinante, in giunta e in consiglio, torni a sostenere questa idiozia al fine di combattere contro la Regione per motivi squisitamente politici.