Di Fabio Massa
Sì, la novantenne che ha affrontato il carabiniere che non si riconosce nel capo dello Stato è un esempio di civismo. Brava. Sì, il carabiniere ha sbagliato. Male. Sì, ha fatto bene l’Arma a trasferirlo. Bravi. Sì, sarà processato. Bene. Ok. Ora però possiamo anche andare oltre, perché sennò il prossimo passo è fare come quei barbari di Orbàn e trascinare il militare in ceppi davanti a un Tribunale, tenuto al guinzaglio. Anche basta, adesso. E magari, visto che i carabinieri non sono solo persone come noi, che ogni tanto dicono idiozie, come facciamo noi, ma sono persone migliori di noi perché per fare il lavoro che fanno compiono enormi sacrifici, e rischiano la vita, ogni volta che facciamo vedere il carabiniere che non si riconosce in Mattarella ricordiamo pure che altri carabinieri hanno dato la vita per la nostra sicurezza, che moltissimi di loro vivono in una caserma – con le famiglie, insieme agli altri – e non in comode villette a schiera. Magari ricordiamo che vengono pagati poco, e male. Che stanno – loro sì, non come i vigili urbani – in giro per le strade giorno e notte. Che se c’è da prendere e andare, come cantava Faletti, loro ci vanno lo stesso malgrado tutto. Che sono “Usi a obbedir tacendo”, come è nel loro motto. Che poi è l’unica cosa che quel carabiniere non ha fatto, e avrebbe dovuto.