“Ho Paura Torero”, Longhi e Guanciale portano in scena al Piccolo il capolavoro di Lemebel

Fino all'11 febbraio in scena, in prima assoluta, lo struggente e visionario capolavoro dello scrittore e artista di culto in Cile, nella trasposizione teatrale di Alejandro Tantanian.

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In apertura del nuovo anno – fino 11 febbraio –, Claudio Longhi e Lino Guanciale portano in scena al Teatro Grassi, in prima assoluta, Ho paura torero, struggente e visionario capolavoro di Pedro Lemebel, scrittore e artista di culto in Cile, nella trasposizione teatrale di Alejandro Tantanian.

Murale rutilante di storie incrociate, doloroso e appassionato percorso di formazione che intreccia una doppia educazione, sentimentale e politica, lo spettacolo è una nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano e vede in scena, accanto a Lino Guanciale, nei panni della Fata dell’angolo, a Francesco Centorame in quelli di Carlos, a Mario Pirrello (il Generale Augusto Pinochet) e ad Arianna Scommegna (Doña Lucia, sua moglie), Daniele Cavone Felicioni, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Giulia Trivero. La Santiago del Cile del 1986 è evocata dalle scene di Guia Buzzi, dai costumi di Gianluca Sbicca, dalle luci di Max Mugnai e dai video di Riccardo Frati.

Primavera 1986, alle cinque della sera… Santiago è una città di mezza tacca, schiacciata dai pattugliamenti e tutta intenta a spidocchiarsi tra la disoccupazione e il quarto di zucchero preso in prestito all’emporio. Nell’arena tumultuosa di notti marimbe e vagabonde, squarciate dai lampi dei blackout per i cavi elettrici scoperti e cullata dal gracchiare radiofonico di languide canzoni al miele e dulce de leche di “Al ritmo del cuore”, la Fata dell’angolo (travestito passionale), lo studente Carlos (militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez), il generale Augusto José Ramón Pinochet Ugarte e la sua fedelissima Doña Lucia, persi nel coro scomposto della città indolente e febbricitante, danzano, sinuosi o impettiti, il loro fatale e grottesco bolero col destino… Scivolando tra le pagine chiassose e taciturne, arrabbiate e struggenti, ciniche e innamorate di Ho paura torero (2001), prezioso smeraldo del firmamento letterario ispano-americano, Claudio Longhi e Lino Guanciale, in questa nuova tappa del loro lungo sodalizio, compongono un murale rutilante di storie incrociate. È un racconto di formazione, Ho paura torero, in bilico tra una dimensione privata, intima, sentimentale e una politica, sociale. La prima è quella nella quale volteggia la Fata dell’angolo, protetta dalle pareti della sua casetta macilenta, unico amore della vita, sospirando sulle note delle canzoni d’amore trasmesse dalla radio e interrotte dalla voce di Sergio Campos e dai comunicati di

Radio Cooperativa. L’altra è quella dell’utopia, dell’idealismo, della strenua opposizione al regime di Pinochet, che infiamma azioni e pensieri del giovane studente universitario; approfittando del fascino esercitato sulla Fata, Carlos ne trasforma il ‘nido’ in base e nascondiglio per le riunioni clandestine del Fronte patriottico Manuel Rodríguez. L’esito finale di quegli incontri carbonari, celati dalle balze, dai pizzi e dai nastri di tulle della casa della Fata, sarà l’attentato a Pinochet del settembre 1986, destinato, nonostante il fallimento, ad aprire una crepa profonda nella dittatura. Nell’appassionato, straziante passo a due tra la Fata e Carlos prende forma, proprio lì dove c’erano solo nostalgici vagheggiamenti, un’aurorale coscienza politica e dove, invece, quest’ultima regnava indiscussa fiorisce, timida, un’educazione sentimentale.

Il passo a due si fa quadriglia, intrecciandosi alle vicende del dittatore e di Doña Lucia. Pinochet, assillato dalla moglie petulante e logorroica, tormentato da incubi d’infanzia, in una trama onirica che attraversa tutto il racconto, tra allucinazioni e risvegli, va e viene dal proprio retiro di Cajón del Maipo, che domina Santiago dall’alto. Finché un giorno, lungo la strada rovente che scende verso la capitale, il suo cammino si incrocia drammaticamente con quello di Carlos. Intorno, fluttua un caleidoscopio di personaggi: le amiche della Fata: la Lupe, la Rana; le ricche clienti, come Doña Catita, mogli di generali asserragliate in un’altra Santiago, che la Fata può solo sbirciare dai finestrini dell’autobus quando si reca a consegnare le tovaglie ricamate su commissione; Laura, la compagna di università (e di lotta) di Carlos; la radio, vero e proprio personaggio più che semplice paesaggio sonoro.

Ho paura torero, infatti, è anche un racconto-canzone. Il mosaico di melodie, strofe, ritornelli “leggeri”, che risuonano dalla radio, amplifica il dirompente, viscerale afflato popolare che lega l’autore, Pedro Lemebel, al popolo cileno, con la forza di chi è da sempre vissuto ai margini, come rappresentante di una minoranza etnica, i Mapuche, come omosessuale e come travestito. Questa sua radice profondamente popolare è accarezzata, nella scrittura, da un’estrema sapienza letteraria, cesellando così una lingua capace di trascolorare dal barocco al carnale, da una struggente sensualità a una chiassosa e feroce ironia, in una giostra raffinatissima di stili e registri. Tanto forte e radicato fu questo legame con la gente del Cile che, quando nel 2019 esplose l’Estallido social (le manifestazioni generate dall’aumento del prezzo del biglietto della metro, che aprirono la strada verso un progetto di revisione della Costituzione, poi decaduto), benché fosse già morto da quattro anni, il volto e le parole di Lemebel riapparvero in quelle strade infiammate dalle proteste e tornarono ad affiancare i cileni, nei murales, nelle scritte, nei cartelli.

 

Piccolo Teatro Grassi (via Rovello, 2 – M1 Cordusio), fino all’11 febbraio 2024

Ho paura torero

di Pedro Lemebel 

traduzione di M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi

trasposizione teatrale Alejandro Tantanian

regia Claudio Longhi

scene Guia Buzzi

costumi Gianluca Sbicca

luci Max Mugnai

visual design Riccardo Frati

travestimenti musicali a cura di Davide Fasulo

dramaturg Lino Guanciale

assistente alla regia Giulia Sangiorgio

con (in ordine alfabetico) Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri,

Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

foto di scena Masiar Pasquali

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30 (il sabato, le recite sono sovratitolate in lingua inglese);

mercoledì e venerdì, ore 20.30 (salvo mercoledì 31 gennaio, pomeridiana per le scuole ore 15); domenica, ore 16. Lunedì riposo.

Durata: 3 ore circa compreso un intervallo

Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro

Claudio Longhi ai microfoni di Radio Lombardia

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Luca Levati
La prima volta della mia vita in cui “sono andato in onda” è stato il 7 luglio 1978…da allora in radio ho fatto veramente di tutto. Dai programmi di rock all’informazione, passando per regie e montaggi. Giornalista dal maggio 1986 sono arrivato a Radio Lombardia nel marzo del 1989 qualche giorno prima della nascita del primo mio figlio, insomma una botta di vita tutta in un colpo. Brianzolo di nascita e di fatto il maggior tempo della mia vita l’ho passato a Milano città in cui ho avuto la fortuna di sentire spirare il vento della cultura mitteleuropea. Adoro la carbonara, Finale Ligure e il Milan (l’ordine è rigorosamente alfabetico). I libri della vita sono stati e sono: “Avere o essere” di Fromm, “On the road” di Kerouac, “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, “Grammatica del vivere” di Cooper e l’opera omnia del collega e amico Piero Colaprico (vai Kola!). I film: “Blade Runner“, “Blues Brothers” e “Miracolo a Milano” quando buongiorno voleva dire veramente buongiorno. Ovviamente la musica è centrale nella mia formazione: Pink Floyd, Frank Zappa, Clash, Genesis e John Coltrane tra i miei preferiti. https://www.wikimilano.it/wiki/Luca_Levati

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