Così fan tutte

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Di Fabio Massa

E’ notizia di queste ore che si aggrava la posizione di Chiara Ferragni per la vicenda del Pandoro. In pratica la procura starebbe ipotizzando un reato più grave. Vero, falso? E’ irrilevante. Per vari motivi. Il primo è che da queste parti siamo garantisti con i politici, figurarsi con gli influencer. Chiara Ferragni è innocente fino a prova contraria. E di questo dobbiamo essere convinti. Mi viene anche da dire che forse per suo marito, signor Fedez, sarà più difficile sparare boiate lette a caso in giro di inchieste – tipo quella dell’Ospedale in Fiera – che peraltro magari sono finite in nulla. Perché sta sperimentando sulla sua pelle quanto sia dura la vita di chi viene processato prima di un giudice, sulla stampa.
Il secondo motivo per cui è irrilevante il tipo di reato è il sospetto. Il sospetto non su Chiara Ferragni, beninteso (ma anche su Chiara Ferragni), ma su tutto questo mondo di social e beneficenze varie. Davvero si può ipotizzare che solo e unicamente il team di Ferragni e Balocco abbiano steso questo tipo di contratto e avessero quel tipo di interlocuzioni? Davvero c’è qualcuno che può pensare che le operazioni tra influencer e beneficenza non siano meri strumenti commerciali? E allora, se il sospetto fosse realtà, probabilmente ci troveremmo di fronte – cosa molto probabile – a un contratto standard non della Ferragni, ma di un mondo intero nei confronti della beneficenza. Argomento scivoloso: ogni volta che si attacca qualcuno che tocca le corde emozionali delle persone con drammi, tragedie, bimbi malati si finisce nella riprovazione generale. Ma in un mondo sano la beneficenza si fa per farla, non per guadagnarci su. E se il mondo degli influencer, e il mondo delle imprese, invece ci guadagnano, allora è meglio che non si chiami più beneficenza. Basta definirlo marketing.

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