Don Carlo inaugura la Scala il 7 dicembre

E’ stata presentata al Teatro alla Scala l’opera Don Carlo di Giuseppe Verdi, che il 7 dicembre inaugurerà la stagione scaligera 2023/2024.

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Di Clizia Gurrado

Don Carlo torna il 7 dicembre al Teatro alla Scala in una grande produzione che rispecchia la doppia natura di dramma storico e manifesto romantico dell’originale schilleriano. In questa opera Verdi propone i temi a lui cari della libertà dei sentimenti, della difficile relazione tra padri e figli e della liberazione dei popoli oppressi sullo sfondo del conflitto tra il potere temporale e quello religioso. Don Carlo, che ha inaugurato le Stagioni scaligere per tre secoli (1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008), sarà diretto dal Direttore Musicale Riccardo Chailly sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala con la regia di Lluis Pasqual e un cast che schiera Francesco Meli nei panni di Don Carlo e Anna Netrebko in quelli di Elisabetta di Valois. Michele Pertusi è Filippo II, Elīna Garanča la Principessa d’Eboli, Luca Salsi dà voce al Marchese di Posa e Ain Anger come Grande Inquisitore. Protagonista di non minore rilievo il Coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Le scene sono di Daniel Bianco, i costumi di Franca Squarciapino, le luci di Pascal Mérat, i video di Franc Aleu e la coreografia di Nuria Castejón. Per Riccardo Chailly Don Carlo è il compimento di una riflessione sul potere estesa su tre inaugurazioni di Stagione, dopo Macbeth di Verdi nel 2021 e Boris Godunov nel 2022. Nel suo nuovo approccio a Don Carlo, che aveva diretto ad Amsterdam nel 2010 in un allestimento di Willy Decker, il Maestro Chailly torna con la memoria alle edizioni dirette da Claudio Abbado nel 1968 e 1977, di cui aveva seguito le prove, ma fa riferimento anche allo studio diretto dei manoscritti messi a disposizione da Ricordi. Come nell’edizione di Abbado, si ascolterà l’introduzione al monologo di Filippo affidato alla fila dei violoncelli secondo partitura e non al violoncello solo come spesso avviene. “Ho contato le volte che Don Carlo ha aperto le stagioni scaligere. Sono otto – dice il sovrintendente Dominique Meyer.

Perché ancora Don Carlo quindi? La risposta è l’ occasione per ascoltare un cast artistico di altissimo livello con cantanti che sono anche amici di lunga data, a partire da Michele Perfidi che conosco dal 1996. Questo nuovo Don Carlo ha una compagnia di canto straordinaria, un grande regista e per i costumi una vera leggenda, Franca Squarciapino. Anima del progetto naturalmente il maestro Chailly”. “Don Carlo è l’opera che tutti conosciamo e che amiamo nella versione milanese scritta apposta da Verdi per la Scala, venti anni dopo la prima parigina – spiega il Maestro Chailly. E’ un’opera di dialoghi, una formula che io trovo meravigliosamente nuova ogni volta che la ristudio. Mi colpisce sempre la modernità della concezione e la visione musicale globale. Alla difficoltà dei cantanti si aggiunge quella del coro”. E a proposito del coro il maestro aggiunge: “Per questa edizione abbiamo fatto la scelta di non lasciare i frati nella cripta ma di portarli sul palcoscenico. Nonostante la scelta ‘a vista’ il coro riesce a dare un colore ‘criptico’. Questa magia è quello che io chiamo ‘il velluto del coro scaligero’”. “Tutti i temi cari a Verdi sono in questa opera: l’amicizia, l’amore, la relazione padre e figlio, il popolo oppresso – spiega il regista spagnolo Lluis Pasqual. Il tutto raccontato con un atteggiamento shakespeariano perché Verdi era un grande amatore del bardo. Don Carlo è quindi una sorta di Amleto”. “E’ un’opera che parla del potere – continua. E Verdi ci fa vedere le quinte del potere, la solitudine dei personaggi che ci appaiono in una specie di backstage”. “Ci tengo a dire – puntualizza Pasqual – che il Don Carlo è preso da Schiller, ma non è un dramma storico. E’ in parte inventato. L’Escorial in cui è ambientata la vicenda non era ancora stato nemmeno costruito”. E infine costumi e scenografia. “I vestiti sono neri – spiega Pasqual – e non indicano lutto o tristezza, ma li ho scelti perché il velluto o la seta di colore nero ai tempi costavano più dell’oro. Non sono vestiti storici ma sembrano tali grazie al miracolo compiuto da Franca Squarciapino.  Non ho voluto dare a Don Carlo una ambientazione moderna con i personaggi in giacca e cravatta perché nel nostro immaginario i protagonisti di questo dramma sono come quadri esposti al Museo del Prado. L’altro elemento che caratterizza le mie scelte è la scenografia dominata dall’alabastro. L’ho scelto per il suo ‘odore’ di chiesa che riesce a esprimere il grande potere che aveva in quel momento è che ha ancora oggi”.

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