Il Seveso che esonda è colpa di una visione Milanocentrica dell’hinterland

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Di Fabio Massa

Oggi parliamo del Mose. E del Seveso. In entrambi i casi c’entra l’acqua e c’entra la pubblica amministrazione. Mi spiego. Per anni si è detto che il Mose, ovvero quel sistema di paratie mobili che salva Venezia dall’acqua alta era una cosa inutile. A dirlo, guarda un po’ che caso, era il Movimento 5 Stelle, nel 2014: “Il Mose è un’opera inutile”. Poi, nel 2017: “Se vinciamo stop a Mose, Tav e altre grandi opere”. Secondo Marco Travaglio “il disastro del Mose a Venezia ha nomi e cognomi a destra e a sinistra”. E giù nomi: Delrio, Lupi, Zanda, Lunardi. Ok, bene. Rileggere le cose scritte e dette un tempo fa sempre un certo effetto. C’è poi la questione del Seveso, a Milano. Il Seveso è un fiume che è stato tombinato. Ovvero, messo sottoterra. Il Seveso esonda fin dall’inizio del Novecento, ed è esondato anche stanotte. Ormai questo problema ha un secolo e più di storia. Si è mai trovata la soluzione? Sì. Eccome. Perché la soluzione, l’unica soluzione, è costruire vasche di laminazione, ovvero vasche che si riempiano di acqua quando il Seveso si gonfia. Il problema è che queste vasche non verrebbero fatte a Milano, ma a Bresso. E i cittadini di Bresso, che hanno comprato una casa e abitano a poche centinaia di metri dalle future vasche, hanno innescato una serie di cause legali. Perché? Il motivo è semplice: non vogliono un buco che si riempie di acqua inquinata e che porterebbe puzza e zanzare per settimane. Possiamo dare loro torto? No. Possiamo dare torto a chi non vuole trovarsi la casa allagata ogni volta che il Seveso esonda? No. Però possiamo dire che Milano avrebbe dovuto trattare, ormai 15 anni fa, con Bresso, e non dare a Bresso solo un po’ di alberi in più e un parchetto ma una vera compensazione, anche economica, a quelle persone che avranno il disagio e un deprezzamento delle loro case. Se Milano vuole risolvere il problema, semplicemente, deve mettere mano al portafoglio. Le grandi opere si devono fare, ma non sulla pelle di alcuni cittadini per risolvere il problema ad altri. E per chi pensa che io stia esagerando vorrei ricordare che quando l’Europa voleva multare Milano perché non aveva un depuratore la città decise di costruirlo, ovviamente. Ma non lo fece in mezzo ai campi di via Selvanesco, lontano da tutte le case. No. Lo fece oltre quei campi, al ridosso delle case di Rozzano. Promettendo che avrebbe prolungato di un paio di fermate la linea del tram. Cosa che effettivamente ha fatto, ma 20 anni dopo. Quando Milano si renderà conto che è il centro di una città metropolitana, e non il castello con intorno i vassalli, sarà sempre troppo tardi.

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