Milano-Cortina, ovvero la scomparsa degli industriali a cui frega qualcosa

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Di Fabio Massa

Oggi è stato reso noto qualcosa che già si sapeva. E non da poco. Che le opere su Milano Cortina sono in ritardo, e che dunque il bob e altre discipline si disputeranno al di fuori dell’Italia. A dirlo è Malagò, il padre (e padrone) dello sport italiano. Contro di lui insorge il presidente di Confindustria Veneto, nonché tra i papabili alla guida di Confindustria nazionale, Enrico Carraro. Ora, al netto dei ritardi di Milano Cortina, per i quali ci vorrebbe un commissario straordinario  – perfetto il profilo di un certo Beppe Sala, se non fosse impegnato a fare il sindaco, visto il precedente miracolo di Expo – questa cosa della frigna dopo che le situazioni precipitano ha anche un po’ stufato. Il sistema Paese di cui parla Enrico Carraro, di cui celebreremmo la sconfitta anche in questo caso, non è composto solo da Regione, comuni e Stato centrale. Nel sistema ci sono – e in un posto preminente! – proprio gli industriali che Carraro rappresenta. Ci si chiede dove siano finita l’alta borghesia illuminata, gli industriali, gli imprenditori, quando emergono certe polemiche. Oddio, Mr. Arnault si è comprato la Casa degli Atellani. Ok, ma i ricchi di Milano perché non si sono fatti avanti? Dormivano? Tutelare la propria città vuol dire anche farsi avanti e comprare quando qualcosa viene messo sul mercato. E vuol dire farsi avanti e costruire per le Olimpiadi se si crede in quel Nord di cui ciancia Enrico Carraro. E vuol dire sponsorizzare le Olimpiadi. A questo proposito: a che punto siamo? Non si sa nulla. Non si sa quanto è stato raccolto, a quanto siamo dal punto di pareggio dei business plan? La precedente gestione delle Olimpiadi, l’ex ad della Fondazione Milano Cortina, aveva detto che sarebbero arrivati 280 milioni di euro di contratti. Ad oggi, stando a notizie di stampa, ci sono la straconfermata (la prima a sottoscrivere l’accordo) Esselunga, poi Deloitte e Ranstad. Il nuovo ad Varnier ha chiuso Herbalife e soprattutto ha messo nel carniere Eni. C’è chi scommette – ma potrebbero essere solo voci malevole – che si tratti del vero problema, più di quello delle strutture. Perché se non si raggiunge quota 575 milioni di euro sono guai. Ora, giriamo questi interrogativi alla Fondazione. Perché anche loro, così come gli industriali che dovrebbero sponsorizzare invece di frignare, fanno parte del sistema Paese. E al Paese devono rendere conto.

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