Di Fabio Massa
Su questa guerra in Ucraina ci siamo schierati più o meno tutti – tranne gli imbecilli – dalla parte dell’Ucraina. E già il fatto che devo fare questa premessa, come quando c’era da scrivere gli articoli sul Covid e il vaccino, mi fa incavolare. Il fatto che debba scrivere che quando uno invade un altro Paese è lui l’oppressore, che è di una ovvietà devastante, mi fa arrabbiare. Non dovrei scriverlo, perché è scontato. Ma se non lo scrivo, visto quanto sto per dire, mi daranno del putiniano, e francamente sarebbe anche troppo. Qui non si parla dell’Ucraina, ma dello stato del giornalismo in Italia. Ieri sera Alberto Negri, storico inviato di guerra del Sole 24 Ore, di una bravura incredibile, in un convegno alla Fondazione Stelline di Milano ha detto chiaro e tondo: “Ma quante volte dovremo leggere che le truppe di Kiev hanno sfondato le linee russe? E’ già almeno 4 volte che stanno dilagando in Russia”. Questo fa il paio con le notizie sul fatto che Putin sarebbe morto nel giro di qualche settimana, sul fatto che la Russia sarebbe fallita in qualche mese, sul fatto che ormai avevamo vinto. Avevamo noi, perché noi diamo le armi e perché siamo collocati da una parte. Ma non siamo stupidi. E se la quinta volta i giornali a reti unificate ci dicono che sono state sfondate le linee russe, vuol dire che le precedenti quattro non lo sono state. E che forse anche la quinta non è stata la volta buona. A forza di far così l’opinione pubblica si stufa. In America gli statunitensi iniziano a vacillare nella loro condizione di principali fornitori di armi. Le bugie hanno le gambe corte, e non costruiscono il consenso, ma lo levano. E allora, non prendiamoci in giro. La Russia non capitolerà domani mattina e in Ucraina ormai è una guerra di posizione. Diciamo che è una guerra lunga e raccontiamola, da entrambi i fronti, con entrambe le mattanze. Sapendo che stiamo dalla parte dell’Ucraina. Ma non con gli occhi chiusi, e non acriticamente.