Di Fabio Massa
Oggi la stampa racconta in modo incomprensibile la decisione della Bce di rialzare i tassi di interesse per la decima volta, al massimo storico da quando è stato inserito l’euro. Repubblica titola: “Cura da cavallo Bce nel tentativo disperato di fermare l’inflazione”. Capito? L’interpretazione è che la Bce sta disperatamente tentando di fermare l’inflazione. Finché racconteremo le cose in questa maniera saremo credibili come un venditore di tappeti. Il titolo da fare sarebbe stato questo: “La Bce decide di far crescere ancora la rata dei mutui variabili”. Perché è questo l’effetto sulle persone. Beninteso: chi ha fatto un mutuo variabile sapeva benissimo che avrebbe potuto variare, e quindi ha fatto una scommessa (persa). Però la Bce sa perfettamente che i mutui variabili sono la norma nei finanziamenti che chiedono le aziende, ad esempio, per fare investimenti o per provare a salvarsi in momenti di difficoltà. E quindi la Bce ha detto chiaro e tondo che vuole tutelare il settore bancario ancora una volta, che ancora una volta preferisce le banche piuttosto che aziende e cittadini. Non è una questione che si può mettere in altra maniera. Perché i giornali dovrebbero semplicemente dire la verità: nel giro di un anno e mezzo le rate del mutuo sono aumentate di circa il 66 per cento. Pagavi 450 euro? Ora ne paghi 750. E’ una decisione, per chi vive a Milano, che vuol dire rincaro su tutto in una condizione nella quale già tutto costa una follia. Altro che parità di genere e aiuto alle giovani coppie: se ti aumenta di oltre la metà la rata del mutuo, finisci dritto dritto sotto la soglia di sopravvivenza. La Bce, finché c’era Draghi, ha tenuto i tassi bassissimi proprio per continuare a stimolare la crescita. Forse, e questa è una critica vera, erano fin troppo bassi. Ma dallo zero al massimo storico c’è una via di mezzo importante. Una via di mezzo che evidentemente alla Bce non interessa affatto.