Ciclista uccisa da un camion a Milano, la famiglia: “Non è una tragica fatalità”

Francesca Quaglia, la 28enne travolta il 29 agosto da un camion mentre era in sella alla sua bicicletta in viale Caldara a Milano "fu tamponata". Lo afferma l'avvocato della famiglia.

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Il luogo dell'incidente e un'immagine di Francesca

La morte di Francesca Quaglia, la 28enne travolta il 29 agosto da un camion mentre era in sella alla sua bicicletta in viale Caldara a Milano, non è stata una “tragica fatalità”, anche perché “le indagini hanno permesso di ricostruire che il camion, urtando con la parte anteriore la parte posteriore della bicicletta, ne ha provocato il ribaltamento, travolgendola e continuando ad avanzare nonostante la collisione”. Lo precisa in un comunicato l’avvocato Giovanni Domeniconi, “su incarico dei familiari” della giovane. “Contrariamente a quanto sinora riportato da alcuni organi di stampa – scrive il legale – la mattina del 29 agosto Francesca si trovava in sella alla sua bicicletta, procedendo nella medesima direzione del camion che ha provocato l’incidente, tamponandola da dietro”. Le “gravissime lesioni derivanti dal tamponamento causato dall’autocarro”, spiega ancora il legale, “hanno determinato la morte pressoché istantanea di Francesca”, originaria di Medicina (Bologna), “che, prima di quel momento, era in perfette condizioni di salute e con un promettente futuro ad attenderla”.  “Già dalle prime indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Milano è emerso come la scomparsa di Francesca Quaglia non sia da ricollegare ad una tragica fatalità”, ha ribadito l’avvocato dei familiari. Sulla morte della giovane, la quinta vittima tra i ciclisti per le strade milanesi nel 2023, proseguono gli accertamenti, anche con analisi cinematiche e delle telecamere di sorveglianza della zona, della Procura e della Polizia locale di Milano. E’ indagato per omicidio stradale il 54enne che era alla guida del camion. La bicicletta della ragazza, stando ai primi accertamenti emersi, si trovava alla sinistra del camion nei pressi di un semaforo, quando il mezzo pesante, in marcia nella stessa direzione della bici, ne aveva agganciato la parte posteriore, provocandone il ribaltamento e schiacciandola subito dopo. Il legale della famiglia spiega che le indagini hanno chiarito che l’autista del camion, che ha “provocato” l’incidente, ha tamponato la bici da dietro. Nessun “angolo cieco”, dunque, all’origine dell’incidente, ovvero quel momento in cui il conducente di un mezzo pesante, svoltando, è impossibilitato a vedere eventuali persone o biciclette a fianco del camion.

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