Le “quattordici coltellate inferte al coniuge” sono indice di una “reazione del tutto abnorme, ingiustificata e priva di qualsivoglia empatia umana rispetto ad una vicenda del tutto comune ed usuale, per quanto dolorosa, quale la fine di una relazione amorosa“. Lo scrive la Corte d’Assise di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato all’ergastolo per omicidio volontario Lucia Finetti, 54enne che il 12 giugno del 2021 ha ucciso con 14 coltellate il marito, Roberto Iannello di 55 anni, dopo una lite in auto nel quartiere Baggio, a Milano. “Non ricordo nulla, ero sotto choc. Non ho fatto nulla, ma se l’ho fatto è stato per legittima difesa, perché lui era furioso per questioni di soldi“, aveva provato a difendersi la donna, una casalinga che dava anche lezioni online di cartomanzia, durante l’interrogatorio davanti al gip dopo l’arresto. La difesa aveva puntato sull’eccesso colposo in legittima difesa. Secondo la Procura, la donna avrebbe ucciso il marito per motivi economici, ma anche perché era gelosa di lui. La donna, hanno scritto i giudici, “covava un sentimento di rabbia e rancore“. E per lei non hanno riconosciuto alcuna attenuante ma hanno escluso l’aggravante della premeditazione, contestata dall’accusa assieme a quella del vincolo coniugale.
Uccise il marito con 14 coltellate, condannata all’ergastolo
La donna, hanno scritto i giudici, "covava un sentimento di rabbia e rancore". E per lei non hanno riconosciuto alcuna attenuante ma hanno escluso l'aggravante della premeditazione