La fotografia del potere

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Di Fabio Massa

E’ difficile avere una fotografia del potere, della giustizia, della società in Italia tanto precisa, e perfetta, quanto quella resa dal caso del figlio di Ignazio La Russa. Per prima cosa i fatti: una giovane va in una discoteca, si sveglia la mattina dopo senza ricordarsi nulla, ipotizza di essere stata stuprata dal ragazzo che le giace a fianco, nudi entrambi, e va alla clinica per accertare eventuali lesioni. Solo che il giovane è il figlio del presidente del Senato. E qui cominciano i problemi.

Prima di tutto la denuncia viene presentata decine di giorni dopo. E’ consentito? Sì, è consentito. Non c’è da stupirsi. Poi c’è il fatto che la ragazza ha assunto droghe prima di andare in discoteca. Poi c’è il padre, che è pure la seconda carica dello Stato, che fa quello che avrebbe fatto qualunque padre: interroga il figlio, e poi lo difende. Peccato che però lui è il presidente del Senato. Difendendolo si colloca sulla scena, ovvero a casa sua, e diventa un testimone. L’avvocato della ragazza esulta per l’assist involontario. In tutto questo ovviamente l’avviso di garanzia al figlio di La Russa viene recapitato dopo che i giornali hanno pubblicato tutto, ma questo ormai in Italia sembra una abitudine, e invece è una barbarie. Immediatamente si formano due fazioni avverse. Quella che punta sul fatto che la ragazza era drogata e che quindi è colpa di lei, che vuole sfruttare la notorietà del ragazzo probabilmente per far casino o ottenere un risarcimento. Quella che punta sul fatto che bisogna aver rispetto della vittima (meglio sarebbe: presunta vittima) e che in effetti il figlio di La Russa si è comportato da maschio fascista. Tradotto: tutti buttano in politica l’intera vicenda, tritando le carni delle persone (giovane lei, giovane lui) che sono coinvolte.

C’è tutto, in questa ricostruzione: c’è la violazione sistematica dei diritti degli indagati da parte della magistratura, la difesa anche un po’ stupida da parte del padre che è anche potente (“farei di tutto per i miei figli” non è solo una frase fatta), la criminalizzazione dell’uno e dell’altro, la politicizzazione del caso. Quello che manca è la presa di coscienza del fatto che i giovani di oggi sono figli nostri. Un tempo Jovanotti cantava “e poi conosci una in discoteca ti risvegli la mattina e ti sembra una strega”, oggi un trapper in ascesa come Sacky canta: “Balla in topless sul mio zzoca in botta, vuole che la sbatto tutta”. Mentre parliamo astrattamente di diritti, ci stiamo dimenticando di insegnare i doveri.

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