Salvini: presto obbligo di casco, assicurazione, targa e frecce per bici e monopattini

Ma l'associazione di produttori Ancma Confindustria protesta: l'Italia sarebbe l'unico Paese in Europa a introdurre queste norme che penalizzerebbe l'utilizzo della bicicletta e il settore del cicloturismo.

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Le nuove norme sulla sicurezza stradale prevedranno “casco, assicurazione, targa e freccia obbligatoria per monopattini e biciclette”. Lo afferma il ministro delle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini, rispondendo a un question time alla Camera, ricordando che “proprio stanotte in provincia di Brescia è rimasto ucciso un ragazzo che andava in monopattino da un ragazzo che andava in moto” (la vittima è un egiziano, dipendente di un’azienda agricola, che tornava a casa dopo il lavoro n.d.r.). Le dichiarazioni del ministro sollevano però le proteste dei produttori di cicli e motocicli riuniti in Ancma Confindustria.  L’associazione nazionale Ciclo Motociclo Accessori prende subito posizione contro la proposta di introdurre assicurazione, targa, casco e frecce obbligatori per le biciclette. “Si tratta – spiegano da Ancma – di misure che non vanno nella direzione di ottenere maggiore sicurezza, per la quale serve un impegno strutturale ed educativo a tutela di chi utilizza la bicicletta, che è un utente debole della strada”. Già lo scorso marzo l’associazione ha inviato una lettera dettagliata al ministro competente, nella quale, rimarca il presidente di Ancma Paolo Magri, “non solo abbiamo sottolineato il valore del comparto ciclo, che in Italia genera un volume d’affari di oltre 3,2 miliardi di euro, ma abbiamo anche evidenziato che il nostro sarebbe l’unico Paese in Europa, dove tra l’altro l’utilizzo della bici è ampiamente più diffuso, ad introdurre questi obblighi”. Secondo Magri, l’Italia “ha un grande potenziale di attrattività cicloturistica, ha un mercato che cresce, è uno dei primi produttori di biciclette nell’eurozona, esprime un tessuto imprenditoriale d’eccellenza fatto da oltre 250 piccole e medie imprese, per l’80% insediate fra Veneto, Lombardia e Piemonte” e la riforma “sembra oggi più contro la diffusione della bicicletta, che a favore di una maggiore sicurezza sulle strade: penalizzare la leadership della nostra industria sarebbe un autogol”.

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