Parlare o non far parlare

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Di Fabio Massa

I giornalisti sono in rivolta. Giorgia Meloni ha lasciato prima il G7 di Hiroshima, in Giappone, per tornare in Emilia Romagna nelle zone colpite dall’alluvione. Il problema – che poi problema non è affatto – è che la Meloni ha deciso di non dire ai giornalisti dove andrà, quali angeli del fango andrà a visitare, in quali paesi si recherà. “Ha fatto sapere personalmente al direttore di RaiNews che non vuole i giornalisti”, ha detto una fonte. E i giornalisti si arrabbiano, perché la vogliono immortalare a tutti i costi. Già c’è qualcuno che mugugna, perché dicono che è mancanza di rispetto per l’informazione. Pensiamo però a che cosa sarebbe successo se si fosse fatta seguire ovunque dai giornalisti: l’avrebbero accusata di andare a sciacallare sui luoghi della tragedia. Di qui, vogliono che la Meloni parli a tutti i costi. Dall’altra parte, invece, al Salone del Libro di Torino, c’è il problema di una ministra che era andata a presentare il suo libro, che contiene le sue idee – non è detto che siano le mie, anche perché non l’ho letto – eppure non l’hanno fatta parlare, di fatto impedendo la sua manifestazione. Le proteste possono essere dure e anche durissime, e negli anni ’70 per cose del genere volavano schiaffi e pugni. Anche qui, vale il principio di prima: che cosa sarebbe successo se sul palco ci fosse stato un idolo della sinistra ultra-radicale, e degli esponenti di destra non l’avessero fatto parlare? Generalmente si dà del fascista a uno che non vuol far parlare un altro, che lo prevarica fino ad obbligarlo alla resa. Scelga chi mi ascolta in radio o legge sul web se in questo caso i fascisti sono quelli che contestano o quelli sul palco.

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