Maxi frode fiscale, 22 arresti a Milano

Il meccanismo scoperto dalla Guardia di Finanza utilizzava società cooperative che, dopo appena pochi anni di attività, erano svuotate e abbandonate all'insolvenza. Le fiamme gialle hanno effettuato perquisizioni e sequestri preventivi per quasi 300 milioni di euro, il profitto dei reati di bancarotta e violazioni fiscali.

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Ventidue ordinanze di custodia cautelare, dieci in carcere e dodici ai domiciliari, sono state eseguite oggi dalla Guardia di Finanza di Milano, nell’ambito di una indagine coordinata dalla Procura, su un sistema operante in Lombardia, dal 2000 a oggi, finalizzato all’evasione fiscale, attraverso la sostituzione delle società “pilotate” al fallimento (consorzi e società cooperative di lavoro) con nuove società costituite ad hoc e l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Il meccanismo utilizzava società cooperative che, dopo appena pochi anni di attività, erano svuotate e abbandonate all’insolvenza. Si creavano nuovi operatori apparentemente “puliti”, per ostacolare le indagini successive alla scoperta della frode. Sono in corso perquisizioni e sequestri preventivi per quasi 300 milioni di euro costituenti il profitto dei reati di bancarotta e violazioni fiscali. L’inchiesta, condotta dai pm Grazia Colacicco e Pasquale Addesso, ipotizza le accuse di associazione per delinquere, bancarotta, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed è incentrata sulla gestione di consorzi attivi nel settore della logistica e del facchinaggio. Questi avrebbero affidato commesse ricevute dalla clientela a imprese consorziate o collegate, tutte intestate a “prestanome”, sulle quali sono stati fatti gravare tutti gli oneri contributivi e fiscali relativi ai lavoratori. A finire sotto indagine due consorsi di Lainate e una società di Trezzano sul Naviglio, nel milanese. Erano questi che si occupavano dell’intera gestione di tutte le cooperative e società, mentre dal meccanismo derivavano notevoli profitti illeciti ai danni dell’Erario, dei lavoratori e delle imprese concorrenti che operano invece nella legalità.
Fondamentali nell’inchiesta sono state le intercettazioni attraverso il sistema del trojan, ossia dei captatori informatici inseriti nei telefoni degli indagati e che li trasformano in microspie. Dall’ordinanza firmata dal gip Luca Milani risulta anche che gran parte dei profitti illeciti della presunta maxi frode fiscale delle bancarotte sarebbe stata prima girata in Cina ad alcuni complici cinesi attraverso false fatture e poi sarebbe rientrata in Italia.

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