Raccontare le donne sportive non è solo un modo per tirarle fuori dall’oblio, ma anche per dimostrare come tenacia e passione siano, oggi più di ieri, la chiave dell’autodeterminazione. Nonostante l’ipocrisia sociale. Questo l’obiettivo di Caterina Caparello, autrice del libro pubblicato da Caosfera Edizioni dal titolo “Testarde. Storie di atlete italiane dimenticate”. I nomi Elvira Guerra, Ida Nomi, Marina Zanetti, Rosetta Gagliardi, Isaline Massazza, Rosetta Mangiarotti, Hilde Prekop e le ginnaste pavesi possono non dirci nulla. Superficialmente hanno in comune l’essere donne, in un periodo dove la libertà di scelta era impossibile proprio a causa del loro genere. Eppure hanno avuto
altro in comune: lo sport. Sono state atlete che hanno vinto tanto, raggiunto primati, riconoscimenti nazionali e internazionali che nessuna poteva sognare di ottenere. Donne che hanno usato lo sport per rendersi più libere e diverse. Sebbene il ruolo di “moglie, madre e figlia” non cambiasse affatto al di fuori delle pedane, nella loro testa qualcosa era sicuramente mutato.
Ascolta l’intervista all’autrice del libro